Caso Ciatti, scarcerato il principale indagato. Il padre Luigi: “In libertà un assassino vero”
Proprio come temeva Luigi Ciatti, papà del giovane Niccolò ucciso l'11 agosto 2017 in una discoteca di Lloret de Mar in Spagna, il principale indagato per l'omicidio è stato scarcerato. Le informazioni arrivano proprio da papà Ciatti che ha riportato le informazioni avute dai suoi legali in Spagna. Il ceceno è tornato in libertà per scadenza dei termini della detenzione preventiva fissati in quattro anni. Rassoul Bissoultanov è stato scarcerato il 17 giugno nonostante sia l'unico inquadrato nei filmati che mostrano le ultime ore di vita di Niccolò. Il ragazzo era intervenuto per dividere i 3 ceceni e il suo gruppo amici, lì con lui per festeggiare. A quel punto i 3 hanno dato il via alla rissa, picchiando selvaggiamente Niccolò e finendolo con calci alla testa.
A Fanpage.it, Ciatti racconta che per mantenere l'indagato chiave in carcere, il processo avrebbe dovuto tenersi tassativamente il 12 agosto. Invece il procedimento avverrà il 26 novembre del 2021. "Cosa vogliamo? Giustizia, tutto qui – dichiara papà Luigi -. Vogliamo il carcere per gli assassini di Niccolò. Non la libertà o l'impunità. Vogliamo condanne esemplari. Prima ancora vorremmo un processo: alla Spagna non sono bastati quattro anni per farlo. Vorrei che l'assassino e i suoi complici passero per quanto fatto, invece adesso anche l'unico detenuto sarà libero. Chissà se a fine novembre si presenteranno a processo. Hanno liberato non un presunto innocente, ma un vero assassino".
Il ceceno sarà sottoposto all'obbligo di firma settimanale presso il tribunale di Girona. "Il ceceno adesso può andare dove vuole – continua Luigi Ciatti -. Da quello che ho capito dai miei legali, in Spagna non c'è il processo in contumacia. Se scappa credo che neppure si farà il processo".
La battaglia legale iniziata quattro anni fa
"Spesso sentiamo raccontare tante violenze – spiegava Ciatti al telefono in un'intervista rilasciata a Fanpage.it – e ci si dimentica di parlare di alcune cose. Noi però siamo qui e non dimenticheremo mai. La nostra battaglia per Niccolò è costante, giorno dopo giorno. Razionalmente so che quanto successo a mio figlio non è stata una disgrazia: chi lo ha ucciso poteva fermarsi e non l'ha fatto. In discoteca si va per divertirsi. C'è anche chi va a cercare rogne come i tre aggressori di mio figlio, ma non vai lì per uccidere. Penso che quei tre, invece, abbiano fatto tutto per compiere un omicidio. La giustizia non riporterà indietro mio figlio, ma è l'unica consolazione alla quale possiamo aspirare. Sapere che comunque andrà non gli parlerò più per me è un dolore immenso, come avere un coltello costantemente piantato nel cuore. Questa vicenda mi ha fatto cancellare il significato della parola "perdono"".