Caso Ceste, il marito chiede la revisione del processo: “Elena morta di freddo”
Elena morta per assideramento dopo un allontanamento volontario. Questa l'ipotesi sulla quale la difesa di Michele Buoninconti sta lavorando in questi giorni per presentare una richiesta di revisione del processo che lo ha condannato a 30 anni di carcere per l'omicidio della moglie Elena Ceste a Costigliole d'Asti (Torino). Per la difesa, come sottolinea a Fanpage.it, Anna Vagli, criminologa "la causa di morte resta ignota, come riconosciuto dalla stessa sentenza e dunque non esiste alcuna evidenza scientifica che Elena Ceste sia stata vittima di omicidio".
Mentre l'ex vigile del fuoco in carcere ad Alghero si dedica ai suoi studi di economia e la figlia Elisa, ora maggiorenne, inizia il suo primo lavoro, la Falco-Investigazioni sta raccogliendo elementi da sottoporre alla Procura per la richiesta di revisione, pur restando, tuttavia, il rigetto della Corte Europea dei Diritti umani del ricorso presentato contro la sentenza del 2018, che la criminologa così commenta. "Il fatto che ci sia stato riconosciuto come inammissibile il ricorso da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo non fa venire meno l’inviolabilità costituzionale del diritto alla difesa. La revisione – continua Vagli – è un mezzo d'impugnazione straordinario che può essere esperito senza limite di tempo nei casi di condanna definitiva. Naturalmente, sempre nel rispetto dei limiti fissati dal codice di rito e cioè laddove vengano rinvenute nuove prove che depongano per l’assoluzione dell’imputato".
Dunque, anche se Strasburgo ha rigettato il ricorso, la difesa può comunque procedere sulla strada della revisione, purché ci siano nuove prove. A questo proposito nel novembre del 2019 sono stati eseguiti, sulle rive del Rio Mersa e nei pressi dell'abitazione dei Ceste-Buoninconti, alla ricerca di materiale genetico-organico, i campionamenti che hanno portato alla raccolta dei reperti che nella prima settimana di febbraio verranno sottoposti alla Procura. L'ipotesi della Falco- Investigazioni, dunque, resta quella dell‘allontanamento volontario con morte accidentale, sebbene a Procura e tre sentenze hanno concluso per l'asfissia meccanica. "In particolare lo stato scomposto dei resti ci fa concludere per una morte riconducibile a cause naturali come l'assideramento, conclude Vagli, ma potremmo essere più specifici non appena sarà presentata la richiesta di revisione".