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Caso Carretta, chi era Ferdinando: dall’omicidio della sua famiglia alla confessione in video

Il 27enne Ferdinando Carretta uccise a colpi di pistola il 4 agosto 1989 il padre Giuseppe, la madre Marta e il fratello Nicola. Ma la verità sulla scomparsa della famiglia Caretta venne alla luce solo 9 anni dopo, quando l’assassino rintracciato a Londra confessò l’omicidio durante un’intervista al programma ‘Chi l’ha visto?’.
A cura di Eleonora Panseri
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Alla soluzione di uno dei casi mediatici e giudiziari più complessi della storia della cronaca nera italiana, la scomparsa della famiglia Carretta, si è arrivati solo 9 anni dopo. Quando il 36enne Ferdinando Carretta confessò durante una puntata del programma ‘Chi l'ha visto?‘ di aver sparato e ucciso i genitori, Giuseppe e Marta, e il fratello minore Nicola il 4 agosto 1989 nella loro casa di via Rimini, a Parma. I corpi non furono mai ritrovati.

Il ragazzo riuscì a sbarazzarsi dei cadaveri, a inscenare la fuga della famiglia e a scappare lui stesso nel Regno Unito. Rintracciato da agenti della polizia britannica, che segnalarono la sua presenza nel Paese alle autorità italiane, rientrò in Italia e confessò l'omicidio durante un'intervista televisiva nel 1999, confessione preceduta da anni di depistaggi e grande clamore mediatico. Dopo aver scontato la sua pena ed essere tornato in libertà, Ferdinando Carretta è morto a Forlì nel gennaio 2023.

Chi era Ferdinando Carretta, l’uomo che uccise la sua famiglia nel 1989

Ferdinando Carretta
Ferdinando Carretta

Ferdinando Carretta era nato nel 1962. Figlio di Giuseppe, 53 anni, e Marta Chezzi, 50, l'allora 27enne aveva un fratello di 23 anni, Nicola, che in passato aveva avuto problemi di tossicodipendenza. Familiari, amici e conoscenti della coppia descrissero i due coniugi come severi, rigidi e successivamente si scoprì che i litigi in famiglia, anche per motivi banali, erano molto frequenti e violenti. Alcuni colleghi raccontarono che Giuseppe Carretta arrivava spesso in ufficio pieno di lividi.

Le attenzioni dei genitori erano concentrate su Nicola che a 20 anni aveva iniziato a farsi di eroina. Ferdinando, invece, era sempre stato preso poco in considerazione e lasciato in secondo piano. Secondo quanto viene raccontato nella puntata di Indagini, il podcast del giornalista Stefano Nazzi, dedicata al caso, il fratello di Ferdinando era molto preoccupato per lui perché praticamente non usciva più di casa.

Questo era il clima familiare in cui Ferdinando Carretta decise di uccidere il padre e subito dopo madre e fratello, in quanto testimoni, decisione a cui avrebbe pensato da tempo. Poco prima di mettere a segno il triplice omicidio, il 27enne, che deteneva un regolare porto d'armi per aver fatto il servizio militare, aveva acquistato una pistola in un'armeria di Reggio Emilia.

L’omicidio della famiglia e l’occultamento dei cadaveri nella discarica

Proprio con quell'arma, una semiautomatica Walther 6.35, Ferdinando toglierà la vita ai due genitori e a Nicola. Ma questo si saprà solo molti anni dopo, quando il ragazzo verrà ritrovato a Londra e confesserà tutto. Nel suo racconto dirà di aver aspettato che gli altri inquilini dell'edificio dove abitava con la sua famiglia uscissero, poi di essere andato in bagno e, guardandosi allo specchio, di aver detto a se stesso: "O muoiono loro, o muoio io".

I coniugi carretta, Giuseppe e Marta
I coniugi carretta, Giuseppe e Marta

Il primo a morire era stato il padre, che stava prendendo le ultime cose da caricare sul camper con cui la famiglia doveva partire per le vacanze. Contro di lui Ferdinando aveva sparato cinque colpi al petto. Sentendo il rumore degli spari, la madre era uscita dalla cucina e aveva detto: "Ma che stai facendo?", e Ferdinando l'aveva colpita con un unico proiettile. Il fratello Nicola, che al momento dell'omicidio dei due genitori non era in casa, era rientrato poco dopo ed era stato l'ultimo a venir ucciso: Ferdinando gli aveva sparato prima al petto e poi in un occhio. Dopo era tornato ancora dal padre e gli aveva sparato un ultimo colpo alla tempia, anche se molto probabilmente era già morto.

Nicola Carretta
Nicola Carretta

L'uomo racconterà ancora di aver nascosto i corpi nel bagno mettendoli nella vasca e di aver ripulito minuziosamente la casa. Qui era poi rimasto alcuni giorni insieme ai cadaveri, prima di avvolgerli in tre teli di plastica e di abbandonarli in una discarica abusiva in Via Rolo, a pochi chilometri dal centro di Parma. Il giorno prima era andato vicino a un canale, dove aveva buttato l'arma del delitto e la gabbietta con dentro il gatto di famiglia. Come già detto, i cadaveri degli altri membri della famiglia Carretta non saranno mai ritrovati, così come l'arma del delitto.

Le indagini e i depistaggi

La denuncia arrivò un mese dopo la scomparsa della famiglia. Ad allertare le forze dell'ordine fu la sorella di Marta, Adriana: raccontò che i Carretta erano partiti il 4 agosto per le vacanze e non erano più tornati. Anche l'azienda in cui lavorava Giuseppe, di professione ragioniere, fece sapere che dell'uomo non si era saputo più nulla. Dopo 15 giorni i carabinieri pensarono che si trattasse di un caso di allontanamento volontario.

I giornali locali iniziarono a interessarsi alla storia e a dare il via al gioco delle ipotesi. Quella che più a lungo venne sostenuta dalla stampa fu la teoria di una fuga legata a fondi neri che Giuseppe avrebbe riscosso al Sud per conto della ditta per cui lavorava e che avrebbe quindi rubato dalle casse con l'intento di rifarsi una vita all'estero, in qualche paradiso fiscale. Considerando che la sottrazione di soldi "sporchi" non poteva essere denunciata, molti ritennero che questa potesse essere una storia più che plausibile.

Durante un diretta televisiva di ‘Chi l'ha visto?‘ del 19 novembre 1989 un telespettatore telefonò per segnalare la presenza in un parcheggio di viale Aretusa, in zona San Siro, a Milano, di un camper Ford Transit con targa di Parma. La polizia arrivò sul luogo e confermò che si trattava proprio del camper dei Carretta. Venne trovato vuoto e in perfette condizioni, all'interno una copia della Gazzetta di Parma del 9 agosto 1989.

L'indagine venne quindi passata alla Procura di Milano e affidata al pubblico ministero Antonio Di Pietro che subito respinse sia la teoria della sparizione volontaria che le testimonianze che segnalavano i Carretta nei più svariati luoghi in Italia e nel mondo.

Antonio Di Pietro in una foto del 2011
Antonio Di Pietro in una foto del 2011

La nuova vita di Antonio Ferdinando Carretta a Londra

Il 21 novembre 1998 è una data importante perché arriva una prima svolta. Ferdinando Carretta viene ritrovato a Londra, mentre effettuava un servizio da pony express. Venne fermato durante un controllo da parte della polizia metropolitana. All'agente che ne raccolse le generalità il suo nome ricordò qualcosa, un caso di scomparsa italiano e per questo lo segnalò a Scotland Yard, che informò l'Interpol, che avvisò le autorità italiane della sua presenza nel Regno Unito.

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Il giovane, che nel frattempo era diventato un uomo di quasi 40 anni, venne raggiunto nella capitale britannica dal giudice Francesco Saverio Brancaccio, procuratore della Repubblica di Parma, che si recò nella capitale britannica per interrogare Carretta, il quale dichiarò di non sapere più nulla della sua famiglia dall'agosto 1989 e di essersi prestato a coprirne la fuga ai Caraibi dopo un ammanco di cassa presso la ditta del padre.

La verità però era un'altra: pochi giorni dopo l'omicidio, l'8 agosto, Ferdinando aveva riscosso un assegno bancario di cinque milioni di lire presso una filiale della Banca del Monte falsificando la firma del padre e lo stesso aveva fatto con il conto di suo fratello per la somma di un milione. Poi, dopo aver abbandonato il camper a Milano, era partito per New York, dove era rimasto per un breve periodo, prima di stabilirsi nel Regno Unito, registrandosi con il nome di "Antonio Ferdinando Carretta". A Londra aveva condotto una vita anonima, abitando alloggi economici e svolgendo lavoretti, alternati alla riscossione dei sussidi di disoccupazione.

La confessione dell’omicidio in un video a ‘Chi l’ha visto?'

Come già detto, tutto questo si scoprì grazie a un'intervista realizzata dal giornalista Giuseppe Rinaldi del programma ‘Chi l'ha visto?‘. Davanti alle telecamere Ferdinando ammise la responsabilità del triplice omicidio di Parma a nove anni dall'accaduto. Quando Rinaldi gli chiese: "Cosa è successo quella sera del 4 agosto?", rispose: "Ho impugnato quell'arma da fuoco e ho sparato ai miei genitori e a mio fratello".

A quel punto il programma allertò le forze dell'ordine italiane. Carretta venne arrestato e portato in Italia, insieme alla videocassetta dov'era registrata la sua confessione, che fu trasmessa in televisione il 30 novembre 1998. Davanti al magistrato, ripeté la confessione, raccontando anche che per tutti quegli anni aveva continuato a sognare il padre, una figura che aveva odiato così profondamente ma che, pur avendolo fatto fisicamente, non era riuscito a eliminare dalla sua testa. Il giudice per le indagini preliminari Vittorio Zanichelli, che ascoltò Ferdinando, riferì che "non vedeva l'ora di confessare".

Il processo e la condanna

Gli uomini del Reparto investigazioni scientifiche, guidati da Luciano Garofano, trovarono tracce di Dna nella casa di via Rimini, in un tassello in gomma di un portasapone e sulla cordicella della doccia. Il 15 aprile 1999 la Corte d'Assise di Parma riconobbe Carretta colpevole di triplice omicidio, ma non punibile in quanto ritenuto incapace di intendere e volere al momento del fatto e venne rinchiuso nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere.

Nel febbraio 2004 ottenne la semilibertà e il 21 giugno 2006 lasciò l'ospedale per entrare in una comunità di recupero a Forlì, in seguito a una licenza esperimento concessa dal magistrato di sorveglianza di Mantova, decisione che venne osteggiata dalla zia, Adriana Chezzi, che aveva intrapreso contro il nipote una causa per l'eredità.

Ferdinando Carretta è morto a Forlì nella sua casa

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Un'eredità che Ferdinando riuscì a ottenere il 15 ottobre 2008, insieme alla casa del massacro, trovando un accordo con la sorella della madre e quella del padre. L'11 giugno 2009 uscì anche dalla comunità di recupero e un anno dopo, il 25 aprile 2010, mise in vendita l'appartamento in cui aveva sterminato la famiglia. Il 9 maggio 2015 Carretta ottenne la libertà e andò a vivere a Forlì, qui è stato trovato morto pochi mesi fa, il primo giugno 2023, all'età di 61 anni, a seguito di una lunga malattia.

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