“Casa nostra è questa”: l’abbraccio di Bologna alla famiglia senegalese vittima di razzismo
“Avevamo ragione a dire che questa è casa nostra”. Nabu Dieng, protagonista suo malgrado insieme al marito ai figli di 9 e 18 anni di un'assurda aggressione razzista qualche giorno fa, a Bologna, ne ha avuto l'ennesima conferma: la città che li ha accolti ormai già da tanti anni (25 lei, 36 il compagno Mbocke) è davvero la loro casa. E non come gli è stato urlato contro in quei momenti terribili, con tanto di insulti come “negri di m….”, che in poco tempo, dopo la pubblicazione della notizia su Fanpage.it, hanno indignato e chiamato a stringersi attorno a questa famiglia originaria del Senegal in tanti, non solo con chiamate e messaggi di solidarietà, ma anche con la presenza fisica di oltre un centinaio di persone che hanno risposto presente all'invito per un presidio proprio dov'è avvenuta l'aggressione, davanti a un circolo alla periferia della città.
“I bimbi grazie a Dio stanno bene” dice Nabu, conosciuta e ben voluta da tanti sotto le Torri. Qui è presidentessa di un'associazione che si occupa di integrazione ed è molto attiva nel mondo del volontariato, così come il marito, in campo per la drepanocitosi, di cui soffre il figlio appena maggiorenne, con un'altra associazione.
“Facciamo tantissimo sociale qui a Bologna” ricorda la donna, prima di intervenire durante al presidio, a cui hanno preso parte numerose realtà locali, movimenti e collettivi, oltre ad esponenti dell'amministrazione comunale. Dopo l'aggressione, persino il sindaco, Matteo Lepore, ha voluto incontrarli per esprimere la propria vicinanza e condannare quanto accaduto. “Tutta Bologna è con noi -riprende la donna- non siamo soli. Queste persone sono solo degli stupidi, una minoranza di ignoranti, ma noi sappiamo che tutta Bologna ci vuole bene”.
“Il dna di Bologna è quello che ha risposto a questo episodio, però non possiamo pensare che episodi così siano isolati purtroppo anche nella nostra città -commenta la vicesindaca, Emily Clancy-. I fenomeni di discriminazione sono in aumento e un certo odio è veicolato spesso anche da alcuni gruppi politici, che legittimano in qualche modo certe azioni. La risposta corale della città è però quella che vediamo oggi”.
“Sto ancora pensando a quanto accaduto -continua Nabu- e sai perché? Ho sentito di tantissimi altri episodi di razzismo, tantissime persone mi hanno chiamato e mi hanno raccontato quello che hanno vissuto. È veramente una cosa che dobbiamo fermare. Dobbiamo denunciare -conclude- e speriamo che il presidio di oggi serva a qualcosa. Perché siamo nel 2024 e queste cose non devono più sentirsi, veramente. Soprattutto a Bologna, che è una città aperta”.