Vi sono politici che sembrano automi impostati. Ogni volta che aprono la bocca pronunziano frasi improbabili, direi impossibili: sentenze che denotano riflessività approssimata (a voler usare garbate perifrasi) e, soprattutto, la puntuale capacità di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato. La signora Boldrini e la signora Santanchè ne sono esempi insuperati e forse insuperabili (o si può andare oltre?).
Ma il re di questa pratica di "inopportunismo" programmatico è, non v'è dubbio, Poletti. Il quale non perde occasione, purtroppo, per offendere le categorie più deboli (studenti e giovani in difficoltà in primo luogo) e, soprattutto, la propria intelligenza. L'ultima uscita di Poletti è la seguente: "centomila giovani in fuga? Conosco gente che è bene non avere tra i piedi".
Caro Poletti, il problema sono senz'altro i cervelli in fuga: ma ancor più quelli che, come il suo, restano per pontificare superficialmente. E che restano a diffamare, ingiuriare, offendere e umiliare i giovani – il quarto stato flessibile e migrante – che oggi pagano sulla loro pelle le conseguenze del capitalismo libertario, edonista e supersfruttatore: ossia del capitalismo strenuamente difeso da Poletti e dal suo partito leopoldiano-finanziario di rappresentanza del mondialismo classista.
Verrebbe spontaneo chiedere al signor Poletti da che pulpito predichi. Come si permetta, e su che basi, di offendere i giovani costretti alla migrazione coatta per poter campare come sottoproletariato cognitivo sottopagato e supersfruttato. Tempi strani, i nostri. Da un lato, abbiamo la ministra dell'Istruzione (Fedeli) che finge di essere laureata. E si ridicolizza su scala nazionale. Dall'altro, abbiamo il ministro del Lavoro e delle politiche giovanili (Poletti) che biecamente si compiace dei giovani che fuggono e che abbandonano il Paese.
Diciamolo, ribadiamolo, non stanchiamoci di affermarlo: l'élite finanziaria post-borghese e post-proletaria oggi dominante – con il suo codazzo di mandarini, maggiordomi e lacché – odia la cultura e i giovani; odia il lavoro e i diritti sociali. Resta, come sempre, da domandarsi fino a quando le masse precarizzate e subalterne continueranno a subire in silenzio senza reagire adeguatamente.