Caro Babbo Natale, fra due giorni sarà un nuovo anno ed io divento sempre più grande, anche se la voglia di restare piccolo non sembra voler svanire. È trascorsa quasi una settimana da quando sei venuto a trovarmi, e del tuo passaggio è rimasta la tazza vuota di caffè-latte caldo, anzi bollente, dato che non si sa mai a che ora tu possa arrivare. Dei biscotti invece nemmeno l'ombra, ma di quelli non m'importa, tanto a me con la marmellata non sono mai piaciuti e te li ho lasciati volentieri.
A parte ringraziarti per il bel regalo che mi hai portato, finalmente un gioco da tavolo, ti ho scritto per un altro motivo…
Ieri sera, all’Auditorium “Parco della musica” di Roma, era pieno di famiglie con bambini allegri, festanti, impazienti di vedere in scena uno dei cartoni più belli che la Disney abbia mai realizzato, “Frozen”. Che è anche il mio preferito perché Olaf parla un po' strano, come me, e fa tanta simpatia.
Le feste non sono ancora terminate e della magia del Natale si sente ancora l'odore, in quell'atmosfera di luci calde e clima freddo, secco, arrossando guance e nasi che fanno capolino dalle nostre sciarpe di lana. Il finale però, purtroppo, credo che tu lo conosca bene, ne hanno parlato anche i giornali. Me lo ha raccontato il mio babbo.
Il Direttore d’orchestra, tra gli ultimi fortissimi applausi, si è rivolto verso tutto il pubblico, verso anche di noi che eravamo seduti in terza fila, e al microfono ha detto un semplice quanto diretto “Babbo Natale non esiste!”, prima di uscire di scena e andarsene, lasciando un sacco di bambini in lacrime, soli. Soli non perché fossero spariti, di colpo, i loro genitori. Soli negli occhi e nel cuore, svuotati di quell'incantesimo che fino a poco prima li aveva riscaldati.
E così, Babbo Natale, ho pensato tanto stanotte a quella frase. A quelle poche parole, ma chiare al punto da decidere di scriverti: perché non importa se il signore abbia o meno ragione sui tuoi confronti, ciò che conta è la speranza che deve, dovrà sempre, muovere i nostri sogni.
E un po' mi dispiace, per quel Direttore che evidentemente di felicità non ne ha provata abbastanza in vita sua, al punto da sentirsi in dovere di distruggere, in un secondo, quella di decine e decine di bambini come me.
Che ne sa lui di “mal di pancia belli” che per più di una settimana contano i giorni che ci separano alla Vigilia? Che ne sa lui di aloni di vapore che i nostri respiri, caldi, creano sui vetri delle finestre, tra speranza e frenesia? Che vuoi che ne capisca se non ha provato la sorpresa, e la meraviglia, di un pacco abbandonato sullo zerbino o lasciato sotto al letto un attimo dopo che, da quello zerbino o da quel letto, ci eri passato senza notare niente?
Forse ha ragione la mia amica Virginia, sai, caro Babbo Natale. Lei che fa la maga per i bimbi ai compleanni, dice sempre che “la magia funziona solo se ci credi”. E anche se io lo so che il trucco c'è, ed anche se lei non me lo dirà mai, non conta niente. È più bello così. Perché è questa la vera magia, non tanto quella “del Natale”, di una festa, di una tradizione. Ma quella negli occhi dei bambini, indipendentemente da quello in cui credono: vedere l'incanto nello sguardo di chi sarà il domani, il futuro, la speranza, è una delle poche cose veramente innocenti che ci sono rimaste. Lo so già anche io.
Ecco, caro Babbo. Ecco cosa ti chiedo, alla vigilia di un nuovo anno, per il prossimo Natale. Non ti pregherò di esistere, di manifestarti, di dimostrare al mondo la tua presenza. Ti chiedo solo di non farci mai, e dico mai, derubare dei nostri sogni. Perché se gli adulti non ci permetteranno più di sognare, finisce anche il diritto di restare piccoli, almeno in parte. E a me di crescere come loro, come quel Direttore viziato e capriccioso più di quanto possiamo esserlo “noi”, proprio non mi va.
Insegna loro a scegliere qualcosa in cui credere: una cosa piccola, anche la più semplice, purché possa tener vivo il bambino che custodiamo dentro, gelosamente nascosto, e che alle volte ci concediamo il lusso di tirare fuori, come un simpatico coniglietto dal cilindro. Come, appunto, per un bel trucco di magia.