Carlo Saturno è morto: la famiglia chiede che sia fatta chiarezza
Soltanto ieri avevamo dato notizia del giovane detenuto in rianimazione al Policlinico di Bari e nel pomeriggio il cuore di Carlo Saturno, il ventiduenne di Manduria, ha cessato di battere. La morte di Carlo Saturno è tutt'ora da chiarire e sul caso la procura di Bari ha aperto un fascicolo titolato "Istigazione al suicidio". E' questa l'ipotesi degli inquirenti, ovverosia che Carlo non abbia tentato di uccidersi volontariamente ma che sia stato spinto da qualcun altro a farlo. Un' ipotesi non troppo lontana dalla realtà dato che il rapporto conflittuale di Carlo con le guardie carcerarie comincia quando aveva 16 anni, ma non per sua volontà. Nel carcere minorile di Lecce è continuamente vittima di soprusi e attualmente Carlo era parte civile in un processo in cui sono imputate 9 persone, tutte per maltrattamenti all'interno delle carceri.
La sua sarebbe stata una testimonianza chiave nel processo, che adesso però non sarà più possibile raccogliere. Sul caso c'è la volontà di vederci chiaro, soprattutto da parte della famiglia di Carlo Saturno che non crede all'ipotesi del suicidio. Secondo quanto racconta una delle sorelle di Carlo, Anna, ai familiari hanno comunicato che Carlo aveva legato il lenzuolo ad un letto a castello. Un letto che aveva un'altezza di 1,70 cm mentre Carlo era alto 1,75 cm: se Carlo avesse voluto veramente togliersi la vita probabilmente avrebbe scelto un altro modo.
Carlo era stato messo in isolamento dopo una lite con una guardia carceraria, durante la quale aveva riportato dei segni ben visibili sul corpo, a sua volta la guardia era rimasta ferita ad una mano. Alcuni sostengono che negli ultimi tempi Carlo fosse depresso, aveva in precedenza tentato di tagliarsi le vene ma la famiglia esclude che queste situazioni siano indipendenti dalla sua vita in carcere: Carlo Saturno soffriva molto la sua permanenza in quel clima teso. Proprio questi particolari lasciano sorgere delle domande che sembrano essere attualmente senza risposta. Perché se Carlo era depresso ed aveva già provato a togliersi la vita è stato lasciato solo? Perché non era guardato a vista 24 ore su 24? Pare che le guardie carcerarie siano arrivate nella sua cella dopo mezz'ora dal tentativo di suicidio, dov'erano in quel lasso di tempo?
Su queste e su altre domande dovrà fare luce l'indagine della Procura, mentre sul caso è intervenuto anche il Governatore della Puglia, Nichi Vendola che ha detto:
Le perizie e gli accertamenti delle autorità competenti dovranno dirci cosa è accaduto a Carlo. Lo dobbiamo a lui e soprattutto lo devono a tutti noi. Dobbiamo sapere se si è suicidato e per quale ragione nessuno si sia accorto di questa deriva esistenziale. Oppure se è stato suicidato secondo quelli che sono i sospetti della famiglia. La vita di un ventenne viene ridotta a una fedina penale e perde qualunque valore. E c'è chi ritiene che non basti il giudizio di un giudice. Che non basti la sofferenza che deriva dalla privazione della libertà personale. In quei luoghi chiusi oltre le sbarre può andare in scena un ordinario e diffuso Medioevo che forse per esorcizzare la pena del vivere non sfugge agli smottamenti verso la pena delle pene: la privazione della dignità e della speranza