Caporalato a Livorno, 10 arresti: “Pagavano 67 braccianti extracomunitari 0,97 centesimi all’ora”
I carabinieri del comando di Livorno hanno arrestato, eseguendo una misura di custodia cautelare in carcere, 10 persone accusate, a vario titolo e in concorso tra loro, di sfruttamento del lavoro e intermediazione illecita. Si tratterebbe, secondo quanto emerso dalle indagini, di caporalato in agricoltura.
Le vittime sono 67 persone, tutte extracomunitarie, ospitate nel Cas di Piombino. I lavoratori venivano impiegati per la raccolta di ortaggi e olive nei campi e per la pulizia di vigneti nelle province di Livorno e Grosseto per pochi centesimi.
I coinvolti, stando a quanto emerso, sarebbero di nazionalità bengalese mentre gli arrestati sarebbero impresari di origine pakistana che "selezionavano" i braccianti su ordine dei titolari italiani di 6 ditte.
L'indagine condotta dalla procura livornese e dal nucleo operativo e radiomobile della compagnia dei carabinieri di Piombino, insieme all'Ispettorato del lavoro di Livorno, ha consentito di ricostruire l'illecito utilizzo di manodopera messo in atto da 6 titolari di ditte individuali del settore agricolo. Stando a quanto reso noto, i titolari delle ditte italiane avrebbero impiegato altre persone per il "reclutamento, il trasporto giornaliero e il controllo dei lavoratori".
Approfittando del loro stato di bisogno, pagavano i 67 braccianti del Cas Le Caravelle di Piombino 0,97 centesimi all'ora con picchi di 10 ore di lavoro senza le pause previste. I lavoratori non avevano un regolare contratto di assunzione e la loro retribuzione era molto al di sotto dei 10,56 euro previsti dalla contrattazione.
Nelle ditte in questione, inoltre, venivano violate anche le norme in materia di sicurezza e igiene. Nel corso dell'operazione è stato eseguito anche un decreto di sequestro preventivo di 45.000 euro, quale profitto accertato dall'Inps a seguito del mancato versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi per i lavoratori illecitamente impiegati.
I turni di lavoro per le 67 persone sfruttate superavano anche le 10 ore giornaliere (a fronte delle 6,30 previste dalla legge) e si protraevano dalle prime luci dell'alba fino al tardo pomeriggio senza pause e senza il versamento di contributi previdenziali e assistenziali.
Stando a quanto accertato dalle indagini, i lavoratori non avevano il diritto di interrompere i turni di lavoro fino alla pausa pranzo di pochi minuti. Nessun bracciante veniva sottoposto a visita medica o formato sul lavoro da svolgere. I pagamenti degli stipendi tardavano inoltre anche di 3 mesi nonostante lo stato di bisogno dei lavoratori e delle famiglie. In alcuni casi, le persone sfruttate non sono mai state pagate.
Uno degli indagati è stato localizzato all'estero ed è in corso l'internazionalizzazione del provvedimento mentre per gli altri 9 è stata decretata la custodia cautelare in carcere a causa del pericolo di fuga dall'Italia.