
Si è svolto nei giorni scorsi l’esperimento giudiziale per poter comparare le immagini della CAM 3 della farmacia San Martino di Rimini, che riprendono il passaggio di un uomo alle 22.17 del 3 ottobre 2023, con la camminata effettuata dall’unico indagato per l’omicidio di Pierina Paganelli, Louis Dassilva e dall’altro condomino Emanuele Neri, che più volte ha detto di essersi riconosciuto in quelle immagini.
Dalle attività peritali, svolte alla presenza del perito Sebastiano Battiato e delle parti, sono state prodotte oltre dieci ore di filmati dalle quali verranno estrapolati dati per comprendere se la persona ripresa la sera del 3 ottobre del 2023 sia, per il tipo di postura, per la pigmentazione della pelle e per valori antropometrici, l’imputato, il condomino o altra persona. Attesissimo a questo punto l’esito di tali valutazioni che sarà depositato tra 60 giorni, in un’indagine che al momento, a distanza di più di due anni dalla morte di Pierina sembra essere fortemente condizionata dai risultati di questo incidente probatorio.
Diversi gli elementi che potrebbero essere stati trascurati o non analizzati.
È competenza condivisa l’importanza della cristallizzazione della scena del crimine per poterne acquisire elementi essenziali al fine di individuare il colpevole di un delitto, cercando di non alterare o trasformare in alcun modo la scena stessa.
Nel caso specifico di Pierina Paganelli, uccisa lo ricordiamo, con 29 coltellate, è verosimile ipotizzare che la scena su cui la Polizia scientifica si è trovata ad intervenire fosse già stata modificata, attraverso un’attività di staging, da chi aveva compiuto il delitto o da un’altra persona. Pierina viene infatti uccisa la sera del 3 ottobre, nel vano scale del garage condominiale dello stabile in cui risiede, mentre rientra da un’adunanza dei testimoni di Geova. L’aggressione è violenta e brutale, i colpi inferti sono molteplici, ma quando il corpo viene rinvenuto l’indomani mattina dalla nuora Manuela Bianchi che allerta Louis Dassilva e poi altri condomini, il cadavere della donna si presenta in una posizione difficilmente compatibile con una dinamica omicidiaria di quel tipo.

Pierina Paganelli è in posizione supina, le gambe distese, gli indumenti sembrano essere stati ricomposti, sulla gonna e sugli slip è stato effettuato un taglio, quasi a voler inscenare un’aggressione a sfondo sessuale, indossa perfettamente i sandali, i capelli sembrano essere stati pettinati all’indietro come in un atto di cura. Infine al braccio ha ancora la sua borsa, all’interno della quale gli oggetti sembrano essere stati ricollocati in un secondo momento.
Oggi sappiamo che dall’analisi degli indumenti che la donna indossava, non è stato possibile estrapolare profili di DNA utili a comparazione, per via del cattivo stato di conservazione degli stessi, che sarebbero stati intrisi dell’urina della donna e non correttamente essiccati per un mal funzionamento producendo pertanto muffe che avrebbero alterato le tracce analizzabili. Sembra inoltre che alcuni reperti presenti sulla scena del crimine non siano stati consegnati al professor Giardina, incaricato di estrapolarne profili genetici.
Dalla ricostruzione prodotta della dinamica del delitto, nel momento in cui viene aggredita Pierina avrebbe in mano il suo mazzo di chiavi e un barattolo di cipolline, probabilmente prelevato precedentemente dal suo garage. È verosimile ipotizzare che, colta di sorpresa da chi le ha poi sferrato le 29 coltellate, Pierina possa aver utilizzato quegli oggetti che aveva in mano per cercare disperatamente di difendersi e che su quegli oggetti vi fosse pertanto il DNA di chi l’ha uccisa. Sembra però che le chiavi, rinvenute poi all’interno della borsa della donna, siano state repertate ma non analizzate, perché consegnate a Giardina solo di recente. Nemmeno il barattolo di sottaceti, rinvenuto infranto sulla scena del crimine sarebbe stato analizzato.
Emergerebbe inoltre la presenza di un capello reciso (quindi privo di bulbo) sul viso della vittima, al quale era rimasto fissato per la presenza di sostanza verosimilmente ematica sulla pelle di Pierina. Un capello, forse appartenuto alla donna, a chi è intervenuto sulla scena, o a chi l’ha uccisa che però non sarebbe stato repertato e pertanto nemmeno analizzato.
Una serie di lacune, quelle che risulterebbero dagli elementi a disposizioni che potrebbero aver comportato la perdita definitiva di elementi utili all’identificazione del colpevole o di chi avrebbe in un secondo momento modificato la scena del crimine e che pertanto renderebbero l’impianto accusatorio fortemente condizionato agli esiti dell’incidente probatorio effettuato martedì.
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