Rendere legale la cannabis per combattere lo strapotere dei narcos e restituire ai cittadini un diritto umano troppo spesso violato. In Messico sono mesi che si discute di legalizzazione e il governo sta finalmente per presentare la legge che darà il via a questo processo. Al contrario di ciò che è successo in Uruguay, negli Stati Uniti o in Canada, non è una decisione che nasce dalla volontà politica, ma è un processo innescato dai giudici ai quali i rappresentati del popolo si sono dovuti adeguare. Nel paese infatti ci sono state in questi anni 5 pronunce della Corte Suprema messicana che sostenevano la necessità e la bontà della legalizzazione come riforma, un processo che in Messico porta automaticamente tutti i tribunali ad adeguarsi alla decisione, con il risultato che le leggi vigenti in materia di cannabis dovranno essere modificate dal Parlamento.
La prima storica pronuncia risale al 2015 e riguardava il caso di 4 giovani ai quali i giudici hanno riconosciuto il diritto di coltivare e fumare cannabis da loro stessi prodotta e hanno stabilito che l'attuale norma proibizionista “viola il diritto del cittadino al libero sviluppo della propria personalità”. Le ultime due invece risalgono al 2018 nelle quali la Suprema Corte ha ribadito l’incostituzionalità della proibizione assoluta del consumo di cannabis a scopi ricreativi, in quanto lesiva di diritti costituzionalmente riconosciuti.
Da lì si è innescato il processo politico che dovrebbe arrivare a conclusione in tempi brevi. In teoria il governo avrebbe dovuto avere un anno di tempo, scaduto ad ottobre 2019, ma diverse problematiche hanno rallentato il percorso.
Da una parte c’è il governo che a fine 2019 ha chiesto e ottenuto una proroga fino ad aprile 2020 sottolineando che serviva più tempo per attuare i regolamenti necessari e che vista: “La quantità impressionane di lobby che circonda questo progetto” c’era la preoccupazione che le multinazionali potessero promuovere una legge su misura dei loro interessi, come sottolineato dal deputato Ricardo Monreal. Dall’altra ci sono gli attivisti che non vedono di buon occhio il continuo rinvio della misura e sostengono che la mancata attuazione della legalizzazione rappresenti una violazione dei diritti costituzionali dei messicani: in questi mesi hanno già organizzato diverse manifestazioni davanti al Parlamento.
Intanto a fine gennaio il Senato ha pubblicato una bozza della legge. La proposta prevede l'accesso alla cannabis medicinale, legalizzata nel 2017, per gli individui con gravi condizioni di salute, con il limite legale di possesso che passerebbe da 5 a 28 grammi. Per coltivazione domestica sarebbe consentito coltivare fino a 6 piante e è prevista la creazione dell'Istituto Messicano della Cannabis, un'agenzia governativa incaricata di regolamentare la cannabis all'interno del paese e di concedere le relative licenze. Ci sono anche delle agevolazioni per misure di equità sociale, fondamentali in un paese che è stato scosso da decenni di violenza causata dalla guerra alla droga. Il progetto di legge afferma che le prime licenze saranno affidate alle comunità che hanno subito il maggior numero di incidenti a causa del traffico di stupefacenti e di arresti legati alla cannabis. Secondo il senatore Julio Menchaca del partito al governo Morena, la bozza sta già circolando e potrebbe essere approvata già in febbraio, per poi passare al vaglio della Camera dei deputati.
Con un punto fermo evidenziato da Zara Snapp, attivista e co-fondatrice dell'Istituto RIA, che ha spiegato chiaramente come la legalizzazione della cannabis sia l'unico modo per porre fine al traffico di droga e alle morti che genera. "Il Messico ha provato di tutto e ha pagato i costi più alti del mondo in base al regime di proibizione", ha sottolineato puntualizzando che: “Non voglio una proroga. Voglio una legge completa, subito. È urgente per il Messico, per le nostre comunità agricole e per le persone che le utilizzano”.