Israele apre alla legalizzazione della cannabis per uso ricreativo e la fa per voce del premier Netanyahu, secondo il quale il ministro della giustizia del paese sarebbe già al lavoro sul tema. Dopo mesi di indiscrezioni infatti il premier è uscito allo scoperto con un tweet, in cui ha scritto che il ministro della Giustizia Amir Ohana, "ha iniziato a lavorare sulla questione, e guiderà un comitato che comprende professionisti e Oren Leibovich, presidente del Partito Green Leaf, che indagherà sull'importazione del modello canadese per la regolamentazione di un mercato legale in Israele".
E lo stesso Leibovich ha risposto tramite un’intervista affidata al Jerusalem Post, accogliendo con entusiasmo la proposta. "Credo che questa settimana abbiamo fatto un passo significativo sulla via di un mercato legale della cannabis in Israele e che sia un processo che avrebbe dovuto essere portato avanti molto tempo fa; apprezzo il primo ministro che ha prestato attenzione, si è incontrato con me, mi ha ascoltato e ha preso la decisione giusta". Leibovich ha poi sottolineato di aver fatto delle proposte a tutti i partiti, ma Netanyahu è stato l'unico politico che ha mostrato interesse.
Proposta che in rete è stata accolta da un certo scetticismo, perché secondo alcuni utenti si tratterebbe di una mossa elettorale, più che di una proposta concreta. Come fa notare la stampa locale Netanyahu sta lottando per rimanere al potere dopo due indecise elezioni parlamentari in aprile e settembre, e affronterà le urne ancora una volta a inizio marzo, appena due settimane prima dell'inizio del processo per corruzione che lo vede imputato.
Ma il premier è andato oltre e, sempre tramite il social network, ha annunciato anche un piano per eliminare decine di migliaia di precedenti penali relativi al possesso di cannabis. L’opposto di quello che viene proposto in Italia, dove, in totale controtendenza a livello mondiale, puntiamo a rafforzare la cosiddetta guerra alla droga, in una dinamica che secondo gli esperti e le organizzazioni internazionali, ONU compreso, si è già dimostrata ampiamente fallimentare. Nethanyahu ha infatti scritto chiaramente che “perseguire i consumatori di cannabis è un peso per i tribunali e causa sofferenze inutili a molti"
E per far capire a tutti che sta facendo sul serio di recente è tornato ad occuparsi di un caso noto nel paese, quello di Naama Issachar, una giovane donna israeliana che ha ricevuto una condanna a sette anni di prigione dopo essere stata trovata in possesso di nove grammi di cannabis mentre cambiava volo a Mosca. La donna è stata rilasciata dal carcere il mese scorso, dopo l’intervento diplomatico del governo israeliano.
Oggi Israele sta cercando di porsi come leader mondiale nel settore della cannabis medica, con grandi investimenti nella ricerca e nelle infrastrutture. A inizio 2020 l’azienda israeliana InterCure ha comunicato che la sua filiale Canndoc, di cui è presidente l’ex primo ministro israeliano Ehud Barak, ha firmato un accordo di cooperazione strategica con la canadese Tilray per l’importazione e l’esportazione di cannabis medica. Dal punto di vista ricreativo invece il consumo è stato depenalizzato nel 2019 e chi viene trovato in possesso di cannabis fino a 15 grammi riceve una multa.
Se il paese riuscisse a fare il grande passo, sarebbe il primo del Medio Oriente ad inaugurare la rivoluzione verde, aprendo scenari del tutto nuovi a livello globale.