Calabria: l’8 marzo nel segno delle donne antimafia
Il direttore de ‘Il quotidiano della Calabria', Matteo Cosenza, ha lanciato la campagna "Tre foto e una mimosa", in vista del prossimo 8 marzo, Festa della Donna. L'idea è quella di festeggiare in nome di tre donne antimafia, Lea Garofalo, Maria Concetta Cacciola e Giuseppina Pesce. Le prime due hanno lottato contro le rispettive famiglie e i loro affari di malavita pagando con la morte. Giuseppina, invece, è salva per un soffio, ed ora è testimone contro la famiglia Pesce-Bellocco al processo ‘All Inside'. Le tre donne sono accomunate da un destino fatale, storie di ‘ndrangheta a cui si opponevano fermamente. Lea è stata ammazzata e sciolta in 50 litri di acido, mentre Maria Concetta si è suicidata. "Nascono in ambienti tristi, vivono infelici anche perché la morte dispensata senza pietà è un boomerang sempre in movimento, ed hanno un futuro amarissimo", afferma il direttore Cosenza sulle donne antimafia, "ecco perché dobbiamo inchinarci davanti a Giuseppina, Maria Concetta e Lea. Nonostante tutto, sono riuscite a capire che vivevano nel male e hanno trovato il coraggio di dire: basta, non deve andare così, noi e i nostri figli dobbiamo vivere in pace e non in una guerra perenne".
L'otto marzo in ricordo delle donne che combattono la mafia, perché non ricordare il sacrificio sarebbe come uccidere nuovamente le vittime: "Hanno pagato un prezzo altissimo, ma lo pagheranno ancora di più se saranno dimenticate e il loro esempio non diventerà un patrimonio collettivo che rigenera in bene e felicità le azioni della gente di questa terra", ha proseguito il direttore de ‘Il quotidiano della Calabria'. Le pentite di mafia sono una dannazione per i clan, perché conoscono tutto delle attività illecite di padri, mariti e familiari, per cui, una volta collaboratrici, il gruppo mafioso si pone come unico obiettivo la morte della dissidente. Una fine tragica e violenta, compiuta dal padre o dal marito della pentita, però, perché, diversamente, le donne non si toccano, nell'ambiente mafioso. In questo modo morì un'altra donna, Annunziata Pesce: quando venne a galla il tradimento con un carabiniere, fu addirittura il fratello della sventurata a farla inginocchiare in aperta campagna e spararle un colpo in testa.