Calabria, 14enne pestato a sangue davanti scuola. Avvocato: “Chi sa, parli”, 16enne si autodenuncia
AGGIORNAMENTO 18/10/2021: A due settimane dai fatti l'aggressore di Emanuele ha un nome. Un ragazzo di 16 anni si è autodenunciato ammettendo di essere il responsabile dell'aggressione ai danni del quattordicenne pestato davanti scuola a Castrolibero (Cosenza).
Emanuele, studente di Castrolibero (Cosenza) si sente un miracolato, e forse lo è. È visibilmente scosso, dimagrito, mangia attraverso un sondino, ha diverse ferite su tutto il corpo e fatica a parlare, ma è vivo. Provato, ma incredibilmente vivo. Eppure lo scorso 4 ottobre chi lo ha soccorso mentre era riverso sull'asfalto, privo di sensi e in una pozza di sangue, non era così ottimista. A ridurlo così è stato un bullo che lo ha atteso all'uscita di scuola – la vittima frequenta il liceo scientifico del suo paese – e lo ha massacrato di botte per poi svanire nel nulla. Questa è l'unica cosa certa di questa vicenda. Per il resto, ogni dettaglio è ancora avvolto nel mistero, ma soprattutto nel silenzio di chi sa, di chi ha visto e non ha il coraggio di parlare. Di chi e di cosa si ha paura? Ad oggi, riferisce la famiglia, nessun testimone si sarebbe presentato spontaneamente in caserma per aiutare gli inquirenti a ricostruire l'accaduto. I carabinieri, però, per fortuna, stanno passando al vaglio ogni pixel delle immagini registrate dalle telecamere di video sorveglianza montate su un palo della luce.
La paura e il silenzio
Emanuele non conosce il suo aggressore e riferisce di non sapere i motivi che lo avrebbero portato a subire un'aggressione così brutale. "Da qualche tempo ho cominciato a ricevere insulti anche a scuola – ha detto il giovane – e io avevo intimato a queste persone di smetterla o avrei chiamato i carabinieri". Ma nessuna di queste persone sarebbe quella che lo scorso 4 ottobre gli ha scaricato addosso odio, violenza e rabbia senza nemmeno proferire parola. Le piste battute dagli investigatori sono più di una e ce ne sarebbe anche una privilegiata, ma la priorità in questo momento resta risalire all'identità dell'autore. Finora i carabinieri, che indagano per tentato omicidio, non hanno potuto contare sulle testimonianze di chi quel giorno era nel cortile della scuola o fuori al cancello. "Non si tratta di omertà – dice il legale di famiglia, l'avvocato Sabrina Rondinelli – ma è chiaro che i ragazzi in questo momento hanno paura di parlare. Io però voglio rivolgere un appello a tutti coloro che sanno: aiutateci ad ottenere giustizia".
Il dolore dei genitori
Mamma Adele e papà Fabio sono distrutti. Anche se il loro figlio ora sta bene e se la caverà con qualche settimana di riposo, la loro mente è ancora ferma a quelle terribili immagini. Il padre è stato uno dei primi ad arrivare sul posto, perché attendeva proprio l'arrivo di Emanuele nella sua auto, parcheggiata a non più di venti metri dal cortile della scuola, anche se non ha assistito direttamente alla scena. "A un tratto – dice Fabio – ho visto tanti ragazzini correre e urlare, ma sinceramente non avevo idea di cosa fosse successo. Poi mi sono avvicinato e ho visto mio figlio a terra". Le parole si fermano in gola strozzate dall'emozione e il suo racconto si ferma qui. Adele, invece, ha visto il figlio in un secondo momento quando, allertata dal marito, è corsa in ospedale. "Mio figlio grondava sangue, per un attimo ho temuto che non ce l'avrebbe fatta. È stato terribile". Si commuove anche lei, ma appena ritrova la lucidità promette battaglia: "Chi ha paura muore due volte – dice menzionando la famosa frase attribuita al giudice Borsellino – e io non ne ho, andrò in fondo a questa storia, a qualunque costo". Poi conclude: "Nella nostra terra, purtroppo, c'è una sub-cultura che è imperante. Se vogliamo avere una sorta di riscatto dobbiamo denunciare. Questo silenzio assordante a cui partecipa la comunità è molto triste".