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Cacciatori morti in Trentino, le analisi scagionano l’uomo morto suicida: “Papà ucciso dai sospetti”

I Ris di Parma non hanno trovato tracce di polvere da sparo su mani e abiti di Maurizio Gionta, il cacciatore che si è tolto la vita 24 ore dopo aver trovato morto il collega Massimiliano Lucietti. Non è stato lui a sparargli. Il figlio: “Chi lo conosceva, sapeva già la verità”.
A cura di Susanna Picone
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I due cacciatori morti a 24 ore di distanza
I due cacciatori morti a 24 ore di distanza

Non sono state trovate tracce di polvere da sparo sulle mani e sugli abiti di Maurizio Gionta, il cacciatore morto suicida nei boschi sopra Celledizzo, in Trentino, a un giorno di distanza dalla morte di un altro cacciatore, il giovane Massimiliano Lucietti, che proprio Gionta aveva trovato.

Le analisi del Ris di Parma sembrano scagionare Gionta dall’uccisione dell’altro cacciatore. Nella relazione consegnata alla Procura di Trento, i carabinieri della Sezione chimica, esplosivi e infiammabili dei Ris spiegano che "non sono state rinvenute particelle ‘peculiari' dello sparo". Le analisi avrebbero evidenziato la presenza di alcune "particelle" compatibili, che però "assumono una valenza limitata, atteso che, per loro natura, possono anche essere di origine ambientale o derivare da fonti occupazionali”.

Le parole del figlio del cacciatore morto suicida

"La relazione del Ris dimostra che mio padre non è mai cambiato nei miei 36 anni di vita e ha reso giustizia al suo nome. Ma lui indietro non può più tornare, e il tempo non lenisce le ferite come si dice. Gli inquirenti? Lo hanno pressato parecchio, le verifiche si potevano fare in un’altra maniera": a parlare in una intervista al Corriere è Michele Gionta, il figlio del cacciatore morto suicida il primo novembre scorso.

"La relazione rende giustizia al suo nome", dice l’uomo, aggiungendo che chi conosceva il padre sapeva già quel era la verità e che il racconto del cacciatore è sempre stato lo stesso. Cosa diceva il padre? Che era arrivato "nel luogo sbagliato al momento sbagliato". "La sua verità è questa e l’ha raccontata agli inquirenti. Questo prova il fatto che lui si sia sentito colpevolizzato ancor prima di essere giudicato. Non temeva di finire in carcere perché conosceva la legge, ma in un paese di 300 persone è peggio il loro giudizio che finire in cella".

Secondo Michele Gionta, il padre pensava che lo credessero colpevole della morte del giovane cacciatore e "ne è uscito distrutto". "Quando un uomo di 59 anni viene bloccato tutto il giorno, prima seduto sulla panchina di casa nostra dalle 9.30 alle 14, poi dalle 15 alle 19.30 in caserma dei carabinieri a Cogolo, è inevitabile che sia così. Mio papà avrebbe avuto diritto a parlare con uno psicologo, perché aveva visto il cadavere di una persona che conosceva. Perché i vigili del fuoco e gli stessi carabinieri fanno sedute in questi casi e per lui non è stato così? Non gli hanno misurato neanche la pressione", le parole del figlio.

"Un importante tassello della verità ieri è venuto a galla, ma tutta la verità non è stata detta, perché c’è una terza persona che è ancora in giro. Le nostre vite devono andare avanti come le indagini", continua l’uomo.

Cosa è successo dopo la morte di Lucietti e prima del suicidio di Gionta

Gionta ha ricordato nell'intervista anche i momenti tra la morte di Massimiliano e quella del padre e di aver trovato fuori casa una gazzella dei carabinieri e il padre bloccato sulla panchina del cortile: "Non conoscevo la dinamica, ma ho pensato subito che potesse essere accusato. A un certo punto, verso l’ora di pranzo, ho detto ai militari di permettergli di fare almeno pranzo".

Poi è arrivata la Scientifica, poi lo hanno portato in caserma. "Ci ripeteva sempre: ‘Sono scosso’. Alla fine è tornato a casa alle 19.30, stanco e ancora più traumatizzato. Mi diceva: ‘Ma tu guarda se mi devo trovare in una situazione del genere’, ‘Sono arrivato al momento sbagliato nel posto sbagliato' e ‘Maledetto io che sono andato oggi a caccia’".

Il giorno dopo la tragedia. Prima di suicidarsi, Maurizio Gionta ha lasciato un biglietto sul cruscotto dell’auto: "Un foglio preso dal block notes di casa, che della famiglia ho visto solo io – spiega ancora il figlio -. È agli atti, con su scritto ‘Non datemi colpe che non ho’. Non sappiamo però a che ora papà abbia messo fine alla sua vita. Quella mattina del primo novembre mia mamma non ha dormito per niente, ha visto mio padre alzarsi spesso al letto. Poi è riuscita ad addormentarsi e non lo ha sentito uscire di casa".

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