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Caccia ai cervi in Abruzzo: dai dati che non tornano al ricorso al Tar, cosa sta succedendo

Dal 14 ottobre si apre la stagione venatoria e la Regione ha autorizzato l’abbattimento di 469 cervi con una delibera. Wwf, Lav e Lndc insorgono, denunciando che che i dati non sono trasparenti e raccolti scientificamente, fino a portare il caso al Tar de L’Aquila.
A cura di Giovanni Turi
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La caccia al cervo in Abruzzo è un tema che fa discutere da inizio agosto, al punto che le associazioni animaliste hanno presentato un ricorso al Tar contro la Regione e l'Ispra
La caccia al cervo in Abruzzo è un tema che fa discutere da inizio agosto, al punto che le associazioni animaliste hanno presentato un ricorso al Tar contro la Regione e l'Ispra

La stagione venatoria è alle porte. Ma in Abruzzo se ne parla già da inizio agosto. Al centro delle discussioni c’è la delibera regionale sulla caccia al cervo dal 14 ottobre al 15 marzo 2025. Testo che autorizza l’abbattimento di 469 esemplari in due zone della provincia de L’Aquila per il contenimento della sua popolazione. Le associazioni animaliste Wwf, Lav e Lndc hanno subito alzato le barricate con proteste in piazza e una raccolta firme.

Fino a presentare un ricorso al Tar de L’Aquila mercoledì 18 settembre contro Regione, Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e gli ambiti territoriali di caccia di Avezzano, Sulmona, Barisciano, L’Aquila e Subequano. E cresce l’attesa per l'udienza cautelare di mercoledì 9 ottobre. Ma facciamo un passo indietro.

Cosa dice la delibera

Giovedì 8 agosto la giunta di centrodestra che guida la Regione Abruzzo passa il “calendario venatorio regionale della stagione 2024-2025 per l’esercizio del prelievo in forma selettiva del cervo e del relativo piano di abbattimento”. Le motivazioni escono per bocca del vicepresidente della giunta regionale, Emanuele Imprudente, con delega all’Agricoltura, Caccia e Pesca.

“Negli ultimi anni i danni causati dai cervi hanno superato in molte zone interne i danni alle colture causate dai cinghiali – ha spiegato -. Addirittura, dai dati del monitoraggio delle popolazioni dei cervidi in Abruzzo emerge la presenza di un numero di capi più del doppio rispetto a quello del 2018 in termini assoluti”.

I dati a supporto della delibera passata

A supporto della delibera, che ha avuto il via libera dall’Ispra, c’è una consulenza tecnico-scientifica, messa nero su bianco in una relazione, affidata alla società toscana Dream che attua il piano faunistico venatorio regionale 2020-2024. Nel documento sono riportati i monitoraggi degli ambiti territoriali di caccia (atc) e riserve naturali dal 2018 al 2024.

Sei anni fa i cervi in Abruzzo erano in tutto 3.366, quest’anno sono 6.874. Con le presenze più massicce (oltre 1.000 unità) negli atc di Vastese e Avezzano e nel Parco regionale Sirente Velino. Ma il piano prevede una ripartizione precisa sui "prelievi" di cervi e cerbiatti: 74 nell’atc Avezzano e 202 in quello di Sulmona, i restanti 301 tra Avezzano, Barisciano, Subequano e il Parco regionale Sirente Velino. Le zone interessate sono i comprensori dove c’è una densità superiore di 2 esemplari per chilometro quadrato.

I numeri della popolazione di cervi in Abruzzo (fonte: relazione tecnica "Proposta di gestione del cervo e del capriolo in Regione Abruzzo in attuazione del PFVR 2020-2024")
I numeri della popolazione di cervi in Abruzzo (fonte: relazione tecnica "Proposta di gestione del cervo e del capriolo in Regione Abruzzo in attuazione del PFVR 2020-2024")

Poi ci sono i numeri dei danni agli agricoltori. Stando a quelli raccolti dalla Regione tramite le richieste di indennizzo di questi ultimi segnalate sui portali istituzionali, ne sono stimati quasi 900 mila euro tra il 2019 e il 2023. Con l’aggiunta del 2024, si supera quota un milione di euro. Oltre a questi dati, si aggiungono gli incidenti stradali causati dai cervi, il 41,4% degli 806 denunciati che coinvolgono cervidi dal 2019 al 2023.

Levata di scudi delle associazioni animaliste

Al di là della presentazione di una mozione in Consiglio regionale delle opposizioni per revocare la delibera, fin da subito le associazioni animaliste storcono il naso, non ci stanno. “Non ci sono motivi per giustificare questa uccisione in massa, se non per fare favori ai cacciatori”, tuona Massimo Vitturi, responsabile Animali selvatici della Lav a Fanpage.it, che rincara: “I controlli nei loro confronti sono sostanzialmente inesistenti. È uno scandalo usare la vita degli animali come se fossero oggetti e ancor di più fissare un tariffario per ogni esemplare ucciso”.

Quest’ultimo riferimento è al documento dal titolo “Disciplinare tipo per la caccia di selezione al cervo nella Regione Abruzzo”. Pagina 6, articolo 9, voce “Premio per l’assegnazione del prelievo di capi”: un tariffario sui “trofei” che va dai 50 euro per i cuccioli ai cacciatori residenti in Abruzzo fino ai 600 euro dei maschi adulti a quelli non abruzzesi.

Tariffario per la caccia ai cervi (fonte: Regione Abruzzo)
Tariffario per la caccia ai cervi (fonte: Regione Abruzzo)

A dieci giorni dall’approvazione della delibera, Wwf Abruzzo ha lanciato una petizione – che ha raccolto oltre 130 mila firme – per revocarla, aprire un tavolo tecnico di confronto e mettere in campo nuove soluzioni. Quali? “Più recinzioni, repellenti e dissuasori acustici e olfattivi – dice a Fanpage.it Filomena Ricci, delegata Wwf Abruzzo -. Dopo il rischio estinzione, negli anni i cervi abruzzesi hanno vissuto un ripopolamento tale che sono tornati anche i loro naturali predatori, il lupo e l'orso. Questa è stata una vittoria nella gestione faunistica del territorio. La scelta della Regione è un salto nel passato e un danno d’immagine al simbolo di un territorio intero”.

La lotta sui numeri

Oltre a proteste pubbliche, sostegno ricevuto da personaggi pubblici (da Alessandro Gassman a Donatella Di Pietrantonio) e insistenti richieste di fare passi indietro alla Regione, le tre associazioni animaliste contestano in primis i dati pubblicati nella relazione tecnica. “Sono dati raccolti dai cacciatori stessi – dice a Fanpage.it l’avvocato di Lndc, Michele Pezone -, non c’è stato alcun organo terzo con competenze scientifiche a elaborare i numeri che, peraltro, dovrebbero essere trasparenti sul sito della Regione. Ma fino all’elaborazione della delibera non c’erano”.

Anche il Touring Club ha detto la sua sull’incongruenza dei numeri sugli incidenti stradali, affermando che non trovano “riscontro in quelli Istat rilevati a livello nazionale a partire dal 2020”, poiché dal 2020 al 2023 sono 1.735 gli incidenti stradali causati da “animali domestici o selvatici urtati o evitati” in tutta Italia.

Ma, come evidenziato sopra, questi dati non sono legati all’Istat bensì alle segnalazioni arrivate alla stessa Regione. Non va, tuttavia, tralasciato che "l’incidentalità causata dagli animali domestici o selvatici rappresentano soltanto lo 0,2% di tutte le cause: ovvero il valore percentuale più basso, per di più costante nel tempo”, puntualizza il Touring Club.

La Regione: “Seguiamo criteri scientifici”

“I nostri censimenti sono svolti con metodi scientifici. Abbiamo perfino rilevato numeri in termini prudenziali, dato che mancano quelli di due parchi nazionali della Regione su tre”. Contattato da Fanpage.it, Imprudente rivendica i contenuti della delibera e della relazione tecnica. Non si tira indietro alle domande. C’è stata una mancata trasparenza nella pubblicazione dei dati? “Assolutamente no, agiamo nello stesso modo di Veneto, Toscana, Emilia-Romagna”, tira corto.

Al posto della caccia, non possono esser prese altre soluzioni? “Le stiamo già mettendo in campo – dice Imprudente -, ma non è facile coprire l’intero territorio. Stiamo costruendo recinzioni con i bandi del Programma nazionale dello sviluppo rurale, ci sono misure in atto e in essere, e siamo consapevoli della necessità di avviare un contenimento mirato”.

Ancora: gli atc abruzzesi sono in mano ai cacciatori? “No, sono composti da 20 persone secondo una rappresentanza plurima: ci sono 6 persone provenienti dal mondo venatorio, 6 del mondo agricolo, 4 dagli ambientalisti, due in rappresentanza della provincia e due del Comune. Funziona così ovunque. Nelle altre regioni ci sono i marziani?”, ironizza.

Botta e risposta con Ispra

Le associazioni animaliste puntano il dito anche contro Ispra. Mercoledì 4 settembre le associazioni chiedono chiarezza e attendibilità dei numeri sul “prelievo venatorio”, nuove modalità di raccolta di dati con “altre professionalità”.

Una settimana dopo arriva la risposta dell’agenzia governativa, che non solo conferma la propria valutazione sulla delibera rispetto a metodologie e risultati dei censimenti, ma spiega anche che “la gestione faunistico-venatoria necessita di un approccio di tipo olistico, per il quale sono necessarie competenze non soltanto biologiche e naturalistiche ma anche economiche, sociali e culturali”.

Rimarca poi che tra le sue competenze non ci sono “analisi costi-benefici dello sfruttamento di una determinata specie per fini diversi (ad esempio per l’eco turismo o per l’attività venatoria) o la valutazione dell’atteggiamento delle diverse componenti sociali o portatori di interessi nei confronti della cacciabilità o meno delle specie selvatiche”, valutazioni che invece sono intestate “all’amministrazione territorialmente competente”.

Ispra, inoltre, mette l’accento su altri due punti: da una parte, i dati su danni e incidenti stradali; dall'altra, la densità di popolazione dei cervi. Sul primo punto si legge che “la bassa rilevanza dei danni e degli incidenti stradali non influiscono sulla valutazione della sostenibilità o meno del prelievo". E fa un esempio: "anche il prelievo di altre specie, quali la lepre europea, non è finalizzato ai danni causati dalla specie”.

Gli incidenti stradali con i cervidi (caprioli, cervi e ungulati) rilevati dalla Regione nella relazione tecnica
Gli incidenti stradali con i cervidi (caprioli, cervi e ungulati) rilevati dalla Regione nella relazione tecnica

Sul secondo punto, invece, l’agenzia afferma che i numeri sono “una sottostima perché parte del territorio non è stato interessato dai conteggi e perché la contattabilità della specie, anche in primavera, è inferiore a 1”. A ciò, aggiunge il ragionamento sulla densità rilevata di 2,58 cervi per km quadrato nel comprensorio 1 e 2,39 nel comprensorio 2 che porta a un rialzo delle stime. “Se invece della superficie agro-silvo-pastorale, prendessimo in considerazione solo il territorio effettivamente idoneo alla specie, le densità di popolazione sarebbero rispettivamente di 3,02 e 3,50 capi per km quadrato”.

Il ricorso al Tar

Mercoledì 18 settembre la scelta di passare alle vie legali. Wwf, Lav e Lndc fanno ricorso al Tar de L’Aquila. L’obiettivo è la sospensione dell’efficacia giuridica della delibera. Oltre a tecnicismi sul monitoraggio da parte della Regione, vengono criticate più questioni:

  • Il piano di abbattimento dei cervi non è stato sottoposto alla procedura di valutazione di incidenza ambientale;
  • L’inopportunità di “affidare la raccolta dei dati sul campo prevalentemente agli stessi soggetti che, in un secondo momento, sono deputati a effettuare la caccia di selezione”;
  • Nessuna correlazione tra numero di cervi, la loro densità e i danni, assenza di una stima su come la caccia ne porti una riduzione e “più della metà dei Comuni nei quali si sono rilevati i danni ha registrato eventi solo per un anno”;
  • I numeri sugli incidenti stradali sono considerati a “elevata incertezza”, tant’è che “appare sin troppo evidente la violazione del principio di precauzione connessa ad un prelievo venatorio deliberato su una specie”;
  • Ispra è “incorsa in un grave difetto d’istruttoria, in quanto si è basata, per sua stessa ammissione, sui dati contenuti ‘nella documentazione allegata alla richiesta’”.

Attesa per il verdetto

Le tre associazioni hanno espresso “fiducia” nel pronunciamento del Tar, in programma il 9 ottobre, cinque giorni prima dell’apertura della caccia al cervo: “Auspichiamo ancora che la Regione voglia rivedere questa decisione e giungere almeno a una sospensione della delibera e all’avvio di un confronto tecnico, fino a oggi mancato”.

Per Ricci la sospensione “sarebbe una vittoria, anche se puntiamo a evitare di far sparare agli animali definitivamente”. Resta cauto, ma fermo sui suoi passi Imprudente sulla possibilità di ritirare la delibera in caso di ricorso accolto: “La Regione farà le proprie valutazioni non appena il Tar si pronuncerà”.

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