Bruno Santi, maestro di sci a 87 anni: “Il futuro della montagna mi preoccupa, non c’è più neve”
“Come faccio alla mia età a fare tutto questo? Perché mi sento bene, faccio sport anche d'estate, cammino, vado in bici, vado a funghi. E poi non fumo, non bevo e mangio dei gran minestroni”. Bruno Santi, per tutti Cannella (nomignolo che si porta dietro fin da quando era un bambino, da un caso mediatico degli Anni '30 del cosiddetto “smemorato di Collegno”, noto anche come “caso Bruneri-Canella") spiega così il suo segreto.
Insegnare sci a 87 anni, come fa lui, non è certamente semplice, eppure Cannella è sulle piste dell'Appennino tosco-emiliano a svolgere il suo compito da quando di anni ne aveva 32. Dopo aver avuto altri lavori per diverso tempo, dalla Ducati di Bologna all'ufficio tecnico del Comune di Abetone, nel pistoiese, il signor Bruno Santi è diventato ad oggi uno dei più anziani maestri di sci ancora in attività: sicuramente lo è per quanto riguarda la Toscana, ma non è assolutamente da escludere si tratti dell'istruttore più veterano dell'intera penisola. “C'ho qualche problemino anche io, come tutti – racconta a Fanpage.it- ma quando torno a casa ogni sera quello che faccio mi fa stare bene”.
La sua è una passione nata ai tempi della guerra, un po' anche per necessità. “La prima volta avevo sei anni. Era tempo di guerra e sulla nostra casa a Fiumalbo (provincia di Modena, ndr) venne giù una bomba. Così dovemmo sfollare e andammo da mio nonno, sotto i piedi del monte Cimone. Io però andavo a scuola in paese, così per scendere mio padre mi fece degli sci di legno. Spesso mi piantavo nella neve, a quei tempi ne veniva giù almeno tre o quattro metri”. Non come oggi. “La montagna è cambiata in peggio -spiega infatti Santi- adesso c'è poca neve e se vengono giornate più calde va subito via. Se si arriva a maggio è dura, ma il rischio è di non arrivarci. Perché ora può esserci neve per un mese, ma non basta per salvare la stagione” ammette con amarezza Cannella, ricorrendo inoltre alla saggezza popolare per spiegare meglio il concetto: “Una volta si diceva febbraiuzzo corto e aguzzo. Ora non è più così”.
Istruttore in forza al comprensorio Val di Luce di Abetone, dopo le prime esperienze sugli sci di legno, Santi ha continuato a praticare questo sport per passione, togliendosi anche diverse soddisfazione in competizioni nazionali e internazionali in zona, nonostante il padre non fosse esattamente entusiasta. “Diceva che dovevo smettere, perché se mi fossi fatto male non aveva abbastanza soldi neanche per portarmi in ospedale. Io però ero d'accordo con mia madre, facevo comunque le gare e quando vincevo le coppe le nascondevo nel soffitto di una stalletta che avevamo per la legna”. Un giorno suo padre deve fare dei lavori proprio a quel soffitto e così scopre tutto quanto: a quel punto non può fare altro che condividere e accettare questa sua passione, diventata negli ultimi cinquant'anni un vero e proprio lavoro. “È più facile insegnare ai bambini che agli adulti -continua- sono più sciolti, imparano per assimilazione. Con gli adulti ci vuole doppia o tripla pazienza”.
A proposito ancora delle ricadute dei cambiamenti climatici, Bruno Santi infine ricorda che ciò comporta che anche la “neve non filtra nei terreni e così in primavera o in estate manca l'acqua. È la neve continua che manca. E tutto ciò preoccupa per i miei figli, i miei nipoti, i bambini che nasceranno”. E non solo per questioni ambientali, ma anche perché “qui non è che ci sia parecchio lavoro. Sta cambiando tutto troppo rapidamente e questo preoccupa me come tutti gli altri”.