Brindisi, 7 marzo 1991: venticinque anni fa gli albanesi trovavano ‘Lamerica’ in Italia

7 marzo del 1991: l'Italia scopre di essere la terra promessa per un popolo intero. Quel giorno decine di migliaia di albanesi arrivarono a Brindisi a bordo di imbarcazioni stracolme, stremati e bisognosi di tutto. Fuggivano da un regime allo sbando, da un Paese in crisi totale, in quello che ad oggi resta probabilmente il più grande disordine economico dell’Europa dopo la caduta del Muro di Berlino. In quei giorni l’Italia era diventata ‘Lamerica’, citando il film di Gianni Amelio, che tre anni dopo raccontò il caos albanese superato grazie alla scoperta del benessere dall’altra parte del mare.
Quel giorno di 25 anni nel porto della città pugliese giunsero oltre 20.000 migranti, che affollarono la banchina di Sant’Apollinare. Il pomeriggio precedente altri 6.500 erano giunti su due grossi mercantili e, durante la notte, altri “boat people” portarono a Brindisi nuovi profughi. Da quelle navi scese un fiume di gente. Senza forza, affamata, assetata. Donne, bambini e uomini in condizioni disperate. Nella loro mente, l’idea di quel luogo di felicità e opportunità conosciuto solo attraverso la tv e i film che descrivevano benessere e ricchezza. La maggior parte di loro scoprì sulla propria pelle che la realtà era un’altra.
Nei giorni successivi l’attivazione dei centri di accoglienza rievocarono le immagine del lungo dopoguerra. A Brindisi, ma anche a Bari – il giorno dopo, l’ 8 marzo, arrivò la ‘Vlora’ con il suo carico di 15mila migranti, tra loro c'era anche il ballerino Kledi Kadiu – un atteggiamento di apertura e comprensione della condizione disperata degli albanesi prevalse sulla diffidenza e la paura. Dalle parrocchie ai centri sociali, passando per le associazioni ei privati cittadini, in tutti questi casi l’accoglienza e la solidarietà mostrata fu straordinaria. In tal senso, le parole di Anna Dalfino, moglie dell’allora sindaco Enrico, sono esemplificative: “Non dimenticherò mai l’espressione che aveva quando tornò a casa alle tre del mattino. ‘Sono persone’ ripeteva, ‘persone disperate. Non possono essere rispedite indietro, noi siamo la loro ultima speranza’”. Parole che oggi qualcuno dovrebbe scrivere a caratteri cubitali su quelle recinzioni e barriere ‘anti-migranti’ innalzate in alcuni Paesi dell’Europa dell’Est, dalla memoria forse davvero troppo corta.