Sono passati quasi dodici anni da quando Yara Gambirasio è stata uccisa. Otto, invece, dal giorno in cui Bossetti è stato fermato con l’accusa di essere il suo assassino. Eppure, c’è ancora chi solleva dubbi sulla condanna. Per ultimo Agostino Comi, cognato del muratore che, ieri sera, alla trasmissione Iceberg su Telelombardia, ha parlato di complotto e di un Dna studiato a tavolino. Ma le cose non stanno così. Purtroppo, l’uso mediatico del Dna, che avrebbe dovuto fugare i dubbi sulla colpevolezza di Massimo Bossetti, ha sollevato in questi anni il dibattito tra innocentisti e colpevolisti. Ma la verità, non solo quella processuale, è che Bossetti è colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio. E non solo a mio nome, ma anche del vostro. Perché come me, anche voi, fate parte del popolo italiano.
E allora, ancora una volta, facciamo chiarezza sulla questione Dna e su quella della sua appartenenza a Massimo Bossetti. Senza se e senza ma.
Il profilo genetico di Bossetti era sconosciuto e non presente in nessuna banca dati: l’uomo, prima della scomparsa di Yara, era infatti un incensurato. E, allora, per quale ragione ci sarebbe stata la volontà di incastrare il muratore? Anzitutto, per dare seguito a questo proposito, sarebbe stata necessaria la conoscenza del codice genetico di Bossetti da parte dei RIS. Ma, all’epoca, quest’ultimo non era indagato e neppure conosciuto. Per questo motivo la traccia genetica era stata denominata Ignoto 1. Ignota perché nessuno sapeva a chi appartenesse.
Quindi, astrattamente, nemmeno è possibile ipotizzare che gli ufficiali dei RIS abbiano copiato il Dna del condannato. Perché il suo profilo non era nei laboratori. Più specificatamente, per manipolare una traccia genetica, occorre la modifica dei dati provenienti dal sequenziatore. Dati che, però, sono immodificabili. E questo lo dice la scienza.
Ma se ancora vi sembra poco, aggiungo un ulteriore passaggio. Se, come ha sostenuto Agostino Comi, la questione Dna è stata studiata a tavolino, perché i RIS avrebbero dovuto attendere tre anni e spendere milioni di euro per trovare a chi appartenesse quel profilo?
La risposta è semplice. La colpevolezza del muratore è logica, prima che scientifica. Il Dna rinvenuto sui resti di Yara Gambirasio non appartiene a un pescatore siciliano o a un pastore sardo, ma a un muratore della bassa bergamasca. Che avrebbe potuto dimostrare di essere in qualunque altra parte del mondo quel 26 novembre 2010. Non lo ha fatto semplicemente perché, il giorno in cui Yara è scomparsa, si trovava a Brembate di Sopra. Lo hanno detto le celle telefoniche, prima che Bossetti decidesse di spegnere il cellulare e di riaccenderlo la mattina dopo. Nessun depistaggio né tantomeno contaminazione. La traccia isolata è entrata nei laboratori come ignota, né è uscita come appartenente a Massimo Bossetti.
Ancora. Si è dovuti passare attraverso un autista di autobus di Gorno: Giuseppe Guerinoni. Nel corso del processo di primo grado tutta la famiglia di Bossetti si è sottoposta al test del Dna: Giuseppe Guerinoni è risultato il padre di Massimo e di Laura, sua sorella gemella. Padre biologico di cui, il muratore di Mapello, porta anche il secondo nome. Se c’è una cosa che ho imparato in questi anni sulla scena del crimine è che le coincidenze, nei reati così efferati, non esistono. Quindi, per inciso, Laura porta il nome della moglie di Guerinoni. Oltre alla prova scientifica, c'è anche la controprova.
Esclusa scientificamente la possibilità della creazione di un Dna artificioso in laboratorio attribuito al malcapitato di turno, capiamo perché il profilo rinvenuto sui leggings e gli slip di Yara è la firma dell’assassino. La motivazione è lampante. La ginnasta e il muratore non si conoscevano, la traccia isolata era mista ed era stata rilasciata al momento dell’aggressione. Per giunta, in prossimità di zone erogene.
Resta un unico “dubbio” da fugare per chi, ancora, crede al complotto. Ciò che, da anni, è stato contestato dalla difesa di Massimo Bossetti è il rinvenimento del solo Dna nucleare, ma non del mitocondriale. Quindi, alcune pillole di genetica forense. Il codice genetico che contraddistingue ciascuno di noi si differenzia, appunto, in nucleare e mitocondriale. Per quel che ci interessa, basti sapere che il primo è identificativo di ciascuno perché contiene i geni di entrambi i genitori. A differenza del mitocondriale che, invece, indica esclusivamente la discendenza femminile. Dunque, in genetica forense, e a maggior ragione nei casi di omicidio come questo, si indaga solo il Dna nucleare. Unico in grado di identificare un soggetto. Senza se e senza ma. Ignoto 1 è Massimo Bossetti e ha ucciso Yara Gambirasio. Al di là di ogni ragionevole dubbio.