Bossetti agli altri detenuti: “Non confesso per la mia famiglia”
"Rischierò l’ergastolo, ma non confesso per la mia famiglia", sarebbe questo il senso di alcune fasi riferite da Massimo Giuseppe Bossetti agli altri detenuti del carcere di Bergamo dove si trova dal 16 giugno scorso con l'accusa di aver seviziato e ucciso la tredicenne Yara Gambirasio. Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, le frasi sarebbero finite nei faldoni dell'inchiesta dei pm sull'omicidio della 13enne di Brembate di Sopra insieme ad altre chiacchiere che Bossetti avrebbe fatto in carcere con altri detenuti dopo i mesi passati in isolamento. Dialoghi tutti intercettati dagli inquirenti attraverso cimici piazzate nelle celle dell'istituto penitenziario e poi ritrovate dagli stessi detenuti e quindi tolte. Ovviamente quella frase "non confesso per la mia famiglia" resta tutta da decifrare, ma secondo i pm è uno dei dettagli che servono a ricostruire la figura psicologica dell'uomo e a coadiuvare le altre prove scientifiche a suo carico.
La difesa di Bossetti
Al di là di poche frasi, però, Bossetti parla poco o nulla del suo caso giudiziario. "Non confessa perché non ha fatto nulla. Non crolla perché vuole dimostrare la sua innocenza" insiste il legale dell'uomo, l'avvocato, Claudio Salvagni, che da tempo ha ingaggiato una battaglia a colpi di perizie per smontare la ricostruzione e le certezze dell'accusa. Tra le altre cose, dopo le perizie sulla possibile arma del delitto, per la Difesa di Bossetti l'assassinio di Yara Gambirasio "potrebbe essere una persona che sa maneggiare le armi" da taglio e che "sulla base di una simulazione è più convincente che sia un mancino". Non solo, per i periti di parte inoltre "la posizione del corpo fa dubitare che l'omicidio sia avvenuto nel campo" e le fibre trovate sui leggings e sul giubbotto di Yara, che secondo l’accusa corrispondono a quelle dei sedili sul furgone di Bossetti, "risultano usate per la tappezzeria di molti mezzi, anche su treni e pullman".