Borsellino, l’appello di Sandro Ruotolo: “Agenda Rossa? Chi sa parli. Serve un pentito di Stato”
"Abbiamo bisogno di giustizia e verità sul quel periodo tragico per la storia del nostro Paese. A distanza di tanti anni non abbiamo ancora un pentito di Stato. Chi sa deve parlare. In genere, lo si dice ai boss mafiosi, ma oggi dobbiamo dirlo agli uomini delle istituzioni".
Così Sandro Ruotolo, ex parlamentare e giornalista da sempre impegnato nella lotta alla mafia, ha commentato a Fanpage.it quanto i giudici di Caltanissetta del processo per il depistaggio sulle indagini della strage del 19 luglio 1992 in via D'Amelio a Palermo, in cui rimase ucciso il giudice Paolo Borsellino insieme a 5 uomini della sua scorta, hanno scritto nelle oltre 1500 pagine delle motivazioni della sentenza a carico di tre poliziotti, depositate ieri, mercoledì 5 aprile, in cancelleria.
Secondo i magistrati, non ci sarebbe solo Cosa Nostra dietro l'omicidio di Borsellino. Anzi, dietro quel delitto, ci furono "convergenze di ambienti esterni" e a far sparire la famosa Agenda Rossa sarebbe stato "un soggetto inserito in un contesto istituzionale".
"Purtroppo sono pezzi di verità che noi conosciamo da sempre – ha continuano Ruotolo -. L'Agenda Rossa non poteva essere un uomo di Cosa Nostra nell'immediatezza della strage a recuperarla, ma una figura che poteva stare tranquillamente sul posto, quindi un pezzo delle istituzioni".
Per questo, il giornalista fa un appello. "Io ho questo ricordo. Nel 2013, poco prima che morisse, Agnese Borsellino fece un appello. Quando la Procura di Palermo iniziò a indagare sulla Trattativa, lei disse che avevamo bisogno che qualcuno dello Stato parlasse. A distanza di tanti anni non abbiamo ancora un pentito di Stato. Abbiamo avuto solo pezzi di Cosa Nostra che si sono pentiti, pensiamo ad esempio alle dichiarazioni di Brusca, ma non abbiamo ancora oggi nessun altro, solo omertà e reticenze da parte di testimoni muti. E io faccio mio l'appello di Agnese".
In conclusione, Ruotolo ha sottolineato che "abbiamo bisogno di giustizia su quel periodo tragico per la storia del nostro Paese, che non va messo nel dimenticatoio ma va tenuto sempre presente perché dobbiamo capire cosa è successo nel passaggio tra la prima e la seconda Repubblica. Penso che il lavoro della magistratura sia enconomiabile ma abbiamo bisogno di sentenze. La verità storica c'è nella certezza di alcuni familiari delle vittime e nell'opinione pubblica che non fu solo Mafia, ma per la verità giuridica abbiamo bisogno dei pentiti di stato. Io chiedo a chi sa di parlare. Di solito lo si dice ai boss mafiosi, ma oggi dobbiamo dirlo allo Stato, ai protagonisti di quella stagione che hanno il dovere civile e etico di far uscire la verità".