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Borsellino, 20 anni dopo: oggi non dovremmo parlar d’altro

Venti anni da quel 19 luglio 1992 in Via D’Amelio, vent’anni dall’ennesima strage barbara e disumana, vent’anni senza Paolo Borsellino…
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Sarà pure retorico, ma oggi non bisognerebbe parlare d'altro. Non dovremmo parlar d'altro che di Paolo Borsellino, della sua vita, della sua lotta (a volte solitaria e "disperata") contro la mafia, del perché il suo ricordo a vent'anni di distanza sia ancora così forte ed il rimpianto per la sua morte sia ancora così dannatamente grande. Perché in fondo non è vero che non abbiamo bisogno di eroi. Perché quando ad indicarci il cammino sono solo arrivisti ed indifferenti, quando i "modelli vincenti" sono un misto di arroganza, presunzione, spregio delle regole ed egoismo, allora converrà davvero ricordare l'esempio di un uomo integerrimo, coraggioso. Un uomo che ha pagato il prezzo più alto per quella che in un Paese normale non dovrebbe essere nemmeno considerata una "missione", ma un atto dovuto, normale, quasi fisiologico. Ribellarsi alla mafia, all'omertà, al malaffare, alla corruzione, ad una distorta concezione dei rapporti umani che mette al primo posto la brama di denaro e potere, la violenza come e la prevaricazione, l'abuso ed il più meschino egoismo. Altro che onore.

"Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri". E queste parole suonano tremende ed accusatorie anche a vent'anni di distanza. Perché ci costringono a fare i conti con una pagina nera della nostra storia recente, con le tante zone d'ombra, i tanti misteri irrisolti, le tante complicità che hanno reso il nostro Paese ciò che è ora. Un malato divorato dal cancro della corruzione e del malaffare, un luogo in cui fare il proprio dovere e praticare la legalità sono atti di coraggio, gesti quasi rivoluzionari. Un luogo in cui le parole servono solo a commemorare e a ricordare, non a cambiare, a voltare pagina, a rovesciare le scrivanie e a violare le fortezze del disonore e del malaffare.

Oggi non dovremmo fare altro che parlare di Borsellino. Non dovremmo fare altro che parlare della mafia e della criminalità. Non dovremmo far altro che parlare di giustizia e legalità. Non dovremmo fare altro che ringraziare coloro che con il loro sacrificio hanno in qualche modo tracciato una linea e rappresentano con evidenza la "nostra" forza, il "nostro" coraggio, ciò che noi possiamo e dobbiamo "restituire" alla società. Sarebbe il modo migliore per onorare Borsellino e i 5 agenti della scorta che in via D'Amelio hanno perso la vita.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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