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Borse di studio per i fuori sede, rettori e Regioni protestano: “Mancano i fondi”

Dopo l’approvazione dell’emendamento al dl fare che introduce borse di studio nazionali per i fuori sede meritevoli, rettori e Regioni protestano per la confusione e la mancanza di risorse per sostenere i due canali di finanziamento.
A cura di Antonio Palma
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L'emendamento al Decreto del Fare che introduce in Italia un nuovo programma nazionale per il sostegno degli studenti capaci e meritevoli con borse di studio per favorire la mobilità negli Atenei lontani da casa, sta scatenando numerose polemiche. Se infatti lo scopo principale del provvedimento, presentato dal Pd e approvato alla Camera, è quello di allargare la platea degli aventi diritto alle borse di studio, le conseguenze, come sottolineano rettori e conferenza delle regioni, sono molto diverse. In primis le risorse previste dalle nuove borse di studio nazionali dovrebbero arrivare  dal Fondo ordinario universitario, cioè da quei soldi che lo stato elargisce agli atenei per il diritto allo studio e che negli anni ha subito già pesanti tagli, inoltre il sistema farebbe scattare un doppio binario per le borse di studio, regionale e nazionale, creando disparita e confusione tra gli studenti.

"Conseguenze drammatiche" – "Pur condividendo la necessità di intervenire su un problema scoperto e più volte sottolineato dalla stessa Crui per rendere il sistema del diritto allo studio più efficiente, appare assolutamente non condivisibile l'utilizzo a tal fine di fondi già destinati alle Università, peraltro relativi alla quota premiale sui risultati della valutazione della ricerca appena resi noti" denunciano dalla Conferenza dei Rettori delle Università italiane, spiegando che "le conseguenze di tale intervento sulle Università già in attesa dell’indispensabile recupero del taglio di 300 milioni per l’anno in corso, sono a questo punto facilmente prefigurabili e senza dubbio drammatiche" .

"Fanno credere che ci sono più risorse quando in realtà ce ne sono meno" – Dello stesso tono sono i segnali di allarme lanciati dalla conferenza delle Regioni. "L'emendamento crea le condizioni per una confusione normativa e di gestione, tale da mettere a rischio le attuali garanzie che gli studenti hanno finora riconosciute" accusano dalle Regioni, aggiungendo "Le nuove norme introdotte oltre ad invadere la competenza esclusiva delle Regioni in materia, comportano due distinti sistemi di diritto allo studio, quello ministeriale e l'altro regionale, con un doppio canale di finanziamento, facendo credere che ci siano più risorse quando in realtà ce ne sarebbero meno".

Il governo promette risorse aggiuntive al Fondo integrativo – Le Regioni quindi chiedono al Governo “di attivarsi per il rifinanziamento del Fondo statale per le borse di studio per i prossimi anni e per terminare il percorso di riforma del sistema del diritto allo studio". Dopo le proteste dal suo canto il Governo ha promesso una maggiore attenzione al tema prevedendo comunque l'intesa con le Regioni prima dell'approvazione finale. L'Esecutivo inoltre ha garantito che in sede di discussione della prossima legge di Stabilità verranno stanziate risorse aggiuntive al Fondo integrativo del diritto allo studio universitario per consentire alle Regioni di erogare la borsa di studio almeno alla stessa percentuale di aventi diritto rispetto all'anno accademico precedente.

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