Bologna, ospitati nell’ex Covid hotel 60 profughi ucraini: “Grazie, siete degli angeli”
“Le camere sono capienti e volendo si possono aggiungere anche dei letti per i bambini, ma molti, forse perché provati da questo momento, preferiscono che i figli dormano con loro nel lettone: è una cosa che mi fa davvero tenerezza. Da mamma, capisco il loro dolore: è qualcosa di terribile”. Vittoria, operatrice socio-sanitaria di professione, trattiene a stento le lacrime mentre mostra alle telecamere di Fanpage.it una delle 60 stanze dell'Unaway Hotel messe a disposizione per l'accoglienza dei profughi provenienti dall'Ucraina. La struttura alberghiera in questione, che si trova a San Lazzaro di Savena, alle porte di Bologna, è una di quelle selezionate dalla Prefettura del capoluogo emiliano per far fronte ad un'emergenza umanitaria proveniente dall'Est che probabilmente è solo all'inizio. "Grazie di cuore, siete degli angeli", dice una donna appena arrivata.
Adibito da tempo anche a Covid hotel, ma ormai quasi in dismissione per tale funzione, con le ultime persone in isolamento in un'area specifica dell'albergo, l'Unaway è per ora il primo “porto sicuro” all'ombra delle Due Torri per chi fugge dai bombardamenti e dalle atrocità che si stanno consumando in terra ucraina. “Cerchiamo di darci da fare nel nostro piccolo, speriamo passi in fretta” continua Vittoria, che qui lavora ogni giorno già da quando si è cominciato a far fronte, fra i corridoi dell'albergo, anche all'emergenza sanitaria. “Raccogliamo veramente le lacrime di tante persone in questi giorni” aggiunge, sottolineando la grande forza delle mamme ucraine coi loro figli, in questi momenti così difficili, mentre la sindaca di San Lazzaro, Isabella Conti, spiega: “Sono praticamente tutti donne e bambini. Alcuni piccolissimi sono, ancora in fasce, ma la maggior parte hanno fra i sei e i sedici anni. Con loro ci stiamo già attivando per fare in modo che possano andare a scuola quanto prima e, se le loro madri avranno piacere, li faremo frequentare anche la mensa scolastica, così da poter giocare al pomeriggio coi loro coetanei, in un ambito protetto”.
Tante associazioni sportive e gruppi scout del territorio, inoltre, si sono già offerti di dare una mano per regalare ai più piccoli in fuga momenti di svago e occasioni per mettersi alle spalle le terribili immagini che continuano ad arrivare dal loro Paese. Supporto psicologico e corsi di italiano sono poi le altre iniziative che l'amministrazione punta a far partire, ricordando l'importanza di una mappatura completa con la questura dei profughi ucraini finora giunti da queste parti, compresi quelli ancora “invisibili” perché ospitati da amici e parenti. “In questo modo potranno avere il permesso di soggiorno da rifugiati -aggiunge Conti-. È importante far capire a tutti che se si accoglie in casa un cittadino ucraino che fugge dalla guerra non si sta facendo nulla di illegale”.
“Stiamo sistemando i nuclei cercando di tenerli uniti e rispondendo alle loro basilari necessità” spiega invece Gennaro Restino, responsabile di unità organizzativa della direzione assistenziale dell'Ausl Bologna. “Cosa può servire? Giochi, libri, colori: tutto ciò che può rendere meno estraniante la vita di un bambino in una camera di albergo” continua. “Ma anche acqua, shampoo, pannolini” dice Kateryna, arrivata a Bologna vent'anni fa da Ternopil, dove sono ancora tanti dei suoi familiari costretti a nascondersi nelle cantine per sfuggire ai bombardamenti, mentre due cugine, coi rispettivi figli, hanno trovato riparo proprio all'Unaway. “Spero che l'Ucraina entri in Europa, il regime dittatoriale di Putin non giova a nessuno: è disumano, è pazzo" continua la donna.
Intanto, "noi cerchiamo di essere utili in qualsiasi modo” aggiunge Kateryna, che insieme ad altri volontari della chiesa ucraina di Bologna, che frequenta assiduamente, ha già raccolto generi di ogni tipo per i profughi arrivati in albergo. Fra di loro c'è anche Liliana, fuggita da Leopoli il 24 febbraio con l'inizio dei bombardamenti: è arrivata a Bologna dopo tre giorni alla guida di un'auto con a bordo i tre figli di 11, 16 e 19 anni, la madre anziana e il minimo indispensabile. Suo padre e suo marito sono rimasti in Ucraina. “Spero che la guerra finisca presto -conclude-, sono già morti troppi civili”.