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Bologna, operai ‘spiati’ col GPS: “Pagheremo solo lavori effettivamente fatti”

Il Comune felsineo non si fida e vuole verificare il tempo speso in ogni intervento di manutenzione con un sistema di controllo “da remoto”, tramite I-Pad.
A cura di B. C.
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Sapere dove sono e cosa fanno gli operai in orario lavorativo. A queste esigenze dovrà rispondere l’appalto "global edifici", assegnato in via provvisoria ad un’associazione temporanea di imprese con il Ccc come capofila, a Bologna. Ne scrive Repubblica. Vogliamo pagare solo i lavori effettivamente fatti – ha spiegato l’assessore Riccardo Malagoli – e il Comune oggi non ha abbastanza personale da inviare ogni volta sul posto per verificare. Per questo un sistema ‘da remoto’, con interventi geolocalizzati grazie ai mezzi oggi a disposizione, ci fa molto comodo ed è tra le offerte migliorative che hanno portato all’assegnazione del bando". Ma il fronte dei contrari incalza. “La norma è incostituzionale: l'utilizzo della tecnologia, pur se limitato ai controlli aziendali, consentirebbe di fatto di monitorare le prestazioni lavorative dei dipendenti”, attacca la Cgil. “La legge delega è generica”, obietta l'Associazione giuslavoristi italiani. Ma Malagoli ribatte: “Con un sistema informatico si possono avere riscontri sulle attività e quindi dati certi sull’avanzamento". Certo è che il ‘Grande Fratello’ degli operai, come lo definisce Repubblica, è un grattacapo in più per il Comune di Bologna. “L’assegnazione è stata al centro di molte polemiche: prima perché tra gli esecutori c’era la Cpl Concordia, impresa poi esclusa dal consorzio. Poi per un ‘blitz’ delle forze dell’ordine in Comune che hanno acquisito la documentazione sul bando a Palazzo d’Accursio, per conto della Procura. Infine per i rilievi mossi da Raffaele Cantone dell’Autorità nazionale anticorruzione sull’affidamento della commessa da 157 milioni” si legge sul quotidiano.

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