Bologna, la ex Saeco Caffe delocalizza, 220 lavoratori a rischio: “Non si tratta così la gente”
C'è tanta rabbia nelle testimonianze dei lavoratori della Saga Coffee di Gaggio Montano, in provincia di Bologna, dalla scorsa settimana in presidio permanente davanti ai cancelli dello stabilimento ex Saeco, oggi di proprietà della multinazionale Evoca Group di Valbrenbo, nel Bergamasco, che dal 2017 aveva rilevato il ramo della storica azienda dell'Appennino emiliano, attiva nel settore nella produzione di macchine da caffè per bar e ristorazione, che a sua volta era stato ceduto da Philips nel 2016. Una storia travagliata in un territorio montano già complicato di suo, insomma, alla quale oggi si aggiunge un nuovo doloroso capitolo. Il gruppo lombardo, infatti, ha deciso di chiudere il sito di Gaggio per delocalizzare la produzione fra Bergamasco, Romania e Spagna, con l'ennesimo schiaffo per l'occupazione da queste parti che stavolta vedere a rischio i contratti di 220 lavoratori, di cui l'80% donne.
Dopo che l'azienda ha comunicato la volontà di interrompere la produzione a marzo 2022, fino ad arrivare così alla chiusura definitiva dello stabilimento entro la fine del prossimo anno, i dipendenti non ci hanno pensato due volte ed hanno deciso di manifestare senza sosta. Un camper impedisce l'entrata e l'uscita dei mezzi, mentre davanti ai cancelli del sito è stato allestito un tendone per mantenere costante, a turno, la propria presenza contro la decisione del gruppo. Grazie a stufe e alla legna da ardere, i lavoratori riescono a riscaldarsi durante il loro presidio, ma per queste famiglie l'inverno appena cominciato rischia di essere freddissimo. I cittadini e le altre aziende della zona sono però con loro e in tanti salgono ogni giorno fin davanti al sito per dare solidarietà o rifornire con cibo e bevande i manifestanti.
I lavoratori assicurano di non aver mai potuto neanche immaginare un destino del genere, eppure adesso si ritrovano a fare i conti con mutui, affitti e figli da mantenere nella stragrande maggioranza dei casi, col rischio concreto di non poter più contare sul proprio stipendio. Fra chi lavora in Saga Coffee ci sono giovani mamme provenienti dal sud Italia e gente come Dalila, arrivata in azienda a 19 anni e oggi costretta a doversi reinventare dopo aver messo su famiglia proprio anche grazie alla stabilità che un posto di lavoro del genere aveva finora assicurato. Ma poi ci sono anche Carmela e Lucia, in azienda da 18 e 25 anni, Edoardo, 39enne originario della Campania “venuto qua per dare un'opportunità ai miei figli” e da poco alle prese col mutuo, Katia che proprio non riesce a trattenersi dalla rabbia (“Non sono mai stata trattata così da nessuno, questi signori non so come fanno a tornare a casa dai loro figli e dalle loro mogli”) e Giusi, arrivata a Bologna dalla Sicilia, che sbotta: “Dove le mettiamo adesso altre 200 famiglie?”
Qualche giorno nella sede della Regione Emilia Romagna si è tenuto un tavolo con l'azienda, ma ogni genere di trattativa appare molto complicata in questo momento. Fra dieci giorni ci sarà un nuovo aggiornamento, però le speranze che qualcosa possa cambiare sono molto residue. Intanto, quindi, il presidio ad oltranza prosegue. Per Primo Sacchetti, della Fiom, non è affatto escluso che la vicenda possa adesso finire anche sul tavolo del Mise, sebbene la priorità per evitare certe spiacevoli situazioni rimane quella dell'approvazione di una nuova legge nazionale sulle delocalizzazioni. “È l'ennesima multinazionale che arriva, fa sciacallaggio in questo territorio e poi va via” sottolinea il sindacalista, mentre dal presidio tutti assicurano: “Da qui non ci muoveremo”.