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Bimbo di 9 anni morto a Marsa Alam, l’autopsia: “Non aveva un tumore al cervello, ucciso da un aneurisma”

Lo scorso 6 gennaio a Marsa Alam, in Egitto, il piccolo Mattia C., 9 anni, non è morto per un tumore al cervello e nemmeno per un’infezione da polmonite batterica. A causarne il decesso è stata un’emorragia seguita a un aneurisma cerebrale. È quanto emerso dall’autopsia. I risultati sono stati resi noti dai genitori del bambino e l’esame è stato effettuato dall’AOU di Udine.
A cura di Eleonora Panseri
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Immagine di repertorio.
Immagine di repertorio.

Non un tumore al cervello e nemmeno un'infezione da polmonite batterica, come riportato dalla Direzione Sanitaria del Mar Rosso, ma a uccidere il piccolo Mattia C., 9 anni, lo scorso 6 gennaio a Marsa Alam, in Egitto, sarebbe stata un‘emorragia causata da un aneurisma cerebrale.

Lo hanno reso noto, tramite l'avvocata Maria Virginia Maccari, i genitori del piccolo, dopo aver ricevuto i risultati dell'autopsia. Inoltre, "si esclude con certezza la presenza di altre patologie concomitanti", hanno aggiunto.

L'esame autoptico è stato effettuato dall'Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine, ha precisato la legale. "Era felicissimo della vacanza e fino a quella tragica escursione in barca non aveva manifestato alcun sintomo, nemmeno un raffreddore. Tanti sorrisi fino all'ultimo momento, allegro come tutti lo conoscevano, ma durante l'escursione in barca non c'è stata nessuna possibilità di chiamare o di ricevere i soccorsi", ha spiegato.

Secondo i genitori del bambino, ci sarebbe stata "sicuramente una sottovalutazione del quadro clinico iniziale; c'è poi stato un errore di refertazione da parte dei medici dell'ospedale generale governativo di Marsa Alam, che hanno interpretato la TC senza intervenire poi su Mattia per l'assenza di attrezzature, tenuto solamente in osservazione mentre i sanitari stimavamo le più svariate patologie, dal diabete alla broncopolmonite, citando addirittura il Covid come causa di un'ossigenazione bassa quando invece Mattia non aveva neanche la tosse".

"Rimasto invece su una lettiga di ospedale, con il cuscino della camera del resort, mentre i genitori tentavano invano un trasferimento presso un altro ospedale", fa sapere ancora Maccari.

La famiglia sta ancora approfondendo gli aspetti relativi all'incidenza di una corretta e tempestiva diagnosi, ma quello che emerge "è la necessità di sensibilizzare il governo egiziano per favorire protocolli nella gestione delle emergenze sanitarie nella zona del mar Rosso. Il primo ospedale attrezzato è situato a circa tre ore di auto e non sono disponibili mezzi di trasporto rapidi per raggiungerlo".

Si stima che ogni anno circa quindici milioni di italiani si rechino in Egitto, di cui un terzo circa nella zona del Mar Rosso. "Nonostante tutte le immersioni subacquee effettuate in zona – denunciano i genitori – anche una "semplice" embolia polmonare diventerebbe critica a causa dell'assenza nelle vicinanze di una camera iperbarica".

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