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Bimbo di 7 anni annega nella piscina di un resort a Orosei: condannati i due proprietari

Il 2 settembre 2018 Richard Mulas, 7 anni, morì annegato nella piscina di un resort di Orosei, in Sardegna. A distanza di 5 anni i proprietari del resort sono stati condannati rispettivamente a un anno e a 10 mesi di carcere, con pena sospesa, e al pagamento delle spese processuali. Il papà del bambino, presente in aula, è scoppiato in lacrime.
A cura di Eleonora Panseri
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Immagine di repertorio
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Sergio Appeddu e la moglie Alessandra Gusai sono stati condannati rispettivamente a un anno di reclusione e a 10 mesi con pena sospesa, più il pagamento delle spese processuali. A pronunciare questa mattina la sentenza nei confronti dei due coniugi è stato il giudice monocratico di Nuoro, Giovanni Angelicchio. Lei è la proprietaria e lui l'amministratore della struttura alberghiera "Gli Ulivi" di Orosei, in Sardegna: i due erano accusati di omicidio colposo per la morte di Richard Mulasavvenuta per annegamento il 2 settembre del 2018.

Il bambino aveva 7 anni ed era il figlio di una dipendente della struttura. Secondo quanto ricostruito durante le indagini, il piccolo si era tuffato nella piscina del resort per recuperare una pallina con cui stava giocando ma era rimasto con il braccio intrappolato nel bocchettone di ricambio dell'acqua, che non era protetto da una grata, come invece avrebbe dovuto essere presente, poiché al momento dei fatti era stata rotta.

Alla lettura della sentenza era presente anche il padre del bimbo, Salvatore Mulas, che è scoppiato in lacrime. I legali della difesa, gli avvocati Basilio Brodu e Adriana Brundu, si erano battuti per l'assoluzione sostenendo che "la responsabilità di apporre la grata non era di Appeddu e di Gusai ma di Mathias Wincler, l'amministratore della società comproprietaria del residence". L'uomo è già stato condannato a 5 mesi per omicidio colposo con rito abbreviato.

Il piccolo Richard fu soccorso e riportato in superficie da due turisti, accortisi della tragedia che stava avvenendo davanti ai loro occhi, ma tutti i tentativi di rianimarlo all'epoca risultarono inutili. La madre del piccolo, Celia Nieto Herrera, originaria dell'Ecuadore, era stata indagata in un primo momento per omessa custodia del figlio, ma poco dopo la sua posizione era stata archiviata e lei aveva deciso di costituirsi parte civile insieme al marito e alle quattro sorelle del bambino.

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