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Bimbi trasferiti per i “troppi stranieri” in classe, il preside: “C’è chi teme anche i bimbi disabili”

In un’intervista rilasciata a Fanpage.it, il preside Gerardo Marchitelli ha chiarito la sua posizione in merito alla richiesta di trasferimento avanzata dai genitori di 4 bambini che avevano lamentato la presenza di “troppi stranieri” in classe. “I sentimenti vanno educati. Ci sono ancora troppi muri da abbattere, discendiamo tutti da emigranti”
Intervista a Gerardo Marchitelli
Dirigente scolastico dell'Istituto comprensivo E. Duse, sede Don Bosco di Bari
A cura di Gabriella Mazzeo
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Il preside Marchitelli e i suoi alunni
Il preside Marchitelli e i suoi alunni

Sono 4 i bambini che hanno lasciato la scuola primaria Don Bosco di Bari su richiesta dei genitori che al preside Gerardo Marchitelli avevano chiesto il trasferimento in un'altra sezione per la presenza di "troppi bambini stranieri".

"Due bambini nati altrove su 29 alunni – ha raccontato a Fanpage.it il dirigente scolastico che ha provato ad opporsi al trasferimento -. Non capisco quale sia il problema. Tutti gli altri bimbi di origine straniera sono nati a Bari, sono quindi italianissimi e hanno imparato come prima lingua l'italiano. Sono uguali a tutti quanti gli altri. Capiscono e parlano più lingue, questa è l'unica differenza insieme al colore della pelle, che non è assolutamente una scusante".

Dei due bambini nati all'estero, Marchitelli ha detto di non ricordare neppure il luogo di nascita. "Non mi interessa ricordarlo, per me nessun bambino è straniero. Ci sono troppi muri ancora da abbattere".

Il dirigente Marchitelli, foto da Facebook
Il dirigente Marchitelli, foto da Facebook

Lei ha provato ad opporsi alla richiesta dei genitori, ha detto loro che se avessero voluto lasciare la classe avrebbero dovuto chiedere il trasferimento in un'altra scuola, corretto?

Esatto. I bambini sono andati via perché le famiglie hanno presentato il nulla osta per il trasferimento e davanti a questo non ho potuto fare nient'altro. Cosa posso dire? Io ho percezione del sentire dei genitori, ma sono convinto che i sentimenti vadano educati. Ho provato a farli ragionare, a spiegare loro che siamo tutti discendenti da emigranti e che essere stranieri non è una malattia.

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Però hanno deciso di portare comunque via i loro bambini?

Sì, ma non avrei fatto un passo indietro su questa posizione. Sono assolutamente convinto che l'amore non ha bisogno di permesso e non è mai irregolare; sono dell'idea che i sentimenti si educhino, non si possono comprare. Bisogna educare ogni giorno il proprio cuore all'altro. Se questo non avviene, ci si trova a dialogare con anime povere e questo, purtroppo, influenza i bambini. Per me nessun alunno è straniero, è una parola che a scuola non esiste.

Gli allievi oggetti del contendere non sono stati informati?

No, abbiamo deciso di non parlare con loro. Vogliamo evitare loro questi pregiudizi.

Aveva mai ricevuto richieste del genere da parte delle famiglie?

Come le dicevo, ho percezione del sentire dei genitori, ma nella mia carriera ho incontrato anche famiglie inspiegabilmente preoccupate per la presenza di bambini disabili in classe.

Davvero?

Purtroppo sì. Alcuni genitori sono convinti che "rallentino" gli altri compagni. Mi lasci aggiungere una cosa, anche se non l'ho mai raccontato a nessuno prima…

Prego.

Quando mi chiedono quanti bambini disabili ci siano nelle classi, io rispondo sempre: "Nessuno. Forse l'unico sono io".

Dimostra un grande amore per la sua scuola e per l'istruzione.

Ai ragazzini delle scuole medie ho voluto insegnare cosa vuol dire darsi agli altri. Credo sia molto importante, perché per capire il mondo bisogna ascoltarlo e per ascoltare davvero bisogna aprirsi, essere disponibili. I ragazzi vanno educati, è vero, ma è importante anche che noi adulti rendiamo questo mondo migliore. L'educazione dei nostri figli, senza l'apertura del mondo, sarebbe inutile.

Cioè?

Se educo alla perfezione mio figlio, quando uscirà dalle mura domestiche troverà un mondo di squali. A quel punto penserà che la sua educazione e la sua empatia non abbiano senso. Se non rendiamo il mondo un posto migliore e ragionevole, tanto vale educare i nostri figli ad essere squali in un mondo di squali. La società deve essere migliore per tutti e dobbiamo dare l'input tutti i giorni con il nostro esempio. La scuola non scenderà mai a compromessi del genere, di questo sono convinto. Dobbiamo educare le persone, a prescindere dal sesso, dalle origini, dalla lingua e dalle classi sociali. Per me le persone sono persone e basta.

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