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Violenza su minori a Roma, condannato bidello per la terza volta

Condannato anche lo stato al risarcimento provvisionale di 20mila euro. L’assistente scolastico era stato già condannato altre due volte per lo stesso reato.
A cura di Redazione
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Aveva una doppia vita che lo schedario giudiziario avrebbe potuto facilmente raccontare a chi avesse voluto leggerlo. Rosario Cacace, bidello di 50 anni, aveva a suo carico due condanne per molestie sessuali a minorenni e, nonostante ciò, continuava a svolgere il suo lavoro in diversi istituti romani. Alla sua terza condanna per violenze sessuali commesse in ambito scolastico il Tribunale non solo ha disposto sei anni di carcere per l'assistente scolastico, ma ha anche condannato lo Stato al risarcimento provvisionale di ventimila euro. La prima condanna – un anno e nove mesi di carcere patteggiati e poi sospesi – arrivò per Cacace nel 1991. Gli bastò semplicemente firmare un'autocertificazione in cui si dichiarava incensurato per svolgere il suo lavoro nonostante la condanna.

Nel 2007 alla fedina penale del bidello si aggiunse una nuova condanna, questa volta a due anni di carcere. Anche in questa occasione il suo impiego non risentì del nuovo verdetto, poiché gli bastò mentire nuovamente e chiedere il trasferimento presso un nuovo istituto. Passò così dalla scuola media "Belli" di via Manzoni, nel quartiere Prati, alla scuola elementare Borghi in zona San Giovanni. E' su una violenza commessa in questo istituto che il Tribunale ha espresso la sua terza condanna. Il via alle indagini vengono date dopo le dichiarazioni di uno scolaro di dieci anni alla sua mamma, alla quale confida che Cacace gli faceva "paura" e che a lui "non piacevano i giochi del bidello". Secondo la ricostruzione dei giudici

Nell'ora di ricreazione lo seguiva in bagno dove afferrandolo e mettendolo a testa in giù, oppure spingendolo verso il termosifone, impedendogli di fuggire, o ancora a ridosso del lavandino, gli si strofinava dietro la schiena.

Il bidello, difesosi sostenendo di voler solo "diventare amico dei bambini", commise lo stesso reato quando nel suo precedente incarico alla scuola media "Belli", fermò una bambina che, insieme ad altre due, stava giocando a nascondino dicendole "vieni, ti mostro un posto sicuro". In una classe vuola le alzo le braccia osservando "ma quanto sei alta" e appoggiando successivamente una gamba sulla scolara. Rientrata in classe, la bambina cominciò a piangere, sollecitando dunque l'arrivo della preside e la successiva denuncia. Nella sentenza espressa ieri, oltre ai sei anni comminati a Cacace, è stato condanna anche lo Stato al pagamento di un risarcimento. L'Avvocatura dello Stato si è difesa sostenendo che fosse "impossibile riscontrare la veridicità dell'autocertificazione". La madre della vittima ringrazia: "Mio figlio l'ho salvato in tempo dal peggio, anche se sono stati per noi anni difficili: certi abusi non si cancellano. Ma la mia battaglia l'ho portata avanti soprattutto affinché non succedesse ad altri bambini. Perché i malati vanno curati e tenuti fuori dalla scuola".

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