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Berlusconi, ospite in casa sua, parla a Italia Domanda

L’ex premier è stato ospitato nel nuovo spazio elettorale di Canale5. Ha parlato a tutto tondo, non introducendo molte novità al suo repertorio, salvo alcuni accenni alle coordinate seguite per la composizione delle liste Pdl.
A cura di Andrea Parrella
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Berlusconi all'arrivo alla Stazione Centrale di Milano con la Pascale

Silvio Berlusconi è ospite in casa sua, a Canale5 del nuovo format pensato dalla redazione giornalistica per questa campagna elettorale: Italia Domanda, di cui era stato ospite due giorni fa Pierluigi Bersani. Si respira un clima più tranquillo rispetto agli ultimi ambiti televisivi, decisamente più burrascosi, dei quali il cavaliere è stato ospite: più di tutti Servizio Pubblico di Michele Santoro. La trasmissione si apre da quello che pare l'inizio naturale di questa campagna elettorale, cioè quando poco più di un anno fa Berlusconi consegno le proprie dimissioni al Quirinale. Berlusconi racconta come sia giunto a quella decisione, passando per la congiura (che distingue da complotto) di un manipolo di interessi e soggetti che l'avrebbero voluto lontano dal potere. I colpevoli principali di quel crollo di governo fanno capo alla diaspora di Fini dal partito e l'Europa germanocentrica, che d'un tratto avrebbe cominciato a remare contro.

Inoltre rivendica, alla base di questa ostilità europea, un atteggiamento di ostracismo coraggioso ad alcune pretese di Germani e Francia. Berlusconi sostiene che "L'acredine da parte della Merkel e Sarkozy è dipeso dai tanti no che ho opposto a decisioni che avrebbero avvantaggiato la Germania e sfavorito noi".

Si passa poi al fisco, agli aiuti alle attività produttive, cominciando da un monito che pare il primo slogan fiscale di questa campagna elettorale: Non c'è ripresa senza l'impresa.

Inevitabile l'argomento IMU, uno dei livelli principali sui quali si stia giocando la partita elettorale. Berlusconi non ha dubbi: è stato già predisposto, per l'eventuale primo consiglio dei ministri, l'abolizione di questa imposta. Non è equa, dice l'ex premier e soprattutto non tutela un diritto inalienabile del cittadino: la sua prima casa. Ripropone, come soluzione,la tassazione su giochi, fumo e tabacco. Ma è vero che qui Claudio Sardo lo pizzica facendogli notare come tassazioni di questo tipo, specie quella sul gioco, rischino di gravare di più sulle fasce basse. A questo punto il campo d'argomentazione si è spostato sulla proposta lanciata, settimana scorsa, nell'occasione dell'ospitata a Porta a Porta, quando Berlusconi disse che avrebbe eliminato qualunque tassazione statale per i primi cinque anni di assunzione per i giovani.

La battuta è sempre dietro l'angolo, a dire la verità Berlusconi ‘stasera è un po' spento. Rilancia l'idea del contratto, affermando che ne stia scrivendo uno con i suoi collaboratori da firmare quindici giorni prima delle elezioni:

So che anche Monti ha in mente di firmarne uno. Ma mentre io firmo un contratto con i cittadini italiani, lui ne sta preparando uno con i cittadini tedeschi.

A metà puntata l'appello al voto utile è già cominciato. Berlusconi punta a sminuire il peso dei piccoli partiti, che non fanno altro che rovinare la capacità di governo della compagine uscente vittoriosa alle urne. Sardo a quel punto gli elenca tutti i piccoli partiti presenti nella sua coalizione, nominandoli uno ad uno e i premier risponde:

Il trenino c'è di qui come dall'altra parte. Solo che questo è il trenino della libertà, di là c'è il trenino della tasse.

Misurandola con lancette di orologio, Berlusconi ha riproposto in dodici minuti pressoché esatti di semi silenzio degli astanti, passaggio per passaggio, la questione della necessità di cambio di costituzione. Giustamente qualcuno gli ha fatto notare che dire ai cittadini sia impossibili fare qualsiasi cosa non è rassicurante. La fase del dibattito corre il rischio di accendersi (almeno un po') quando vengono mostrate a Berlusconi le interviste a Casini e Di Pietro. Un'affermazione interessante la fa sull'attuale composizione della sinistra italiana. Lamenta la presenza unica, in Italia, di esponenti di un comunismo ortodosso che ovunque, in Europa, si è tramutato in una forma più attutita e meno integralista e radicale. E' un ritornello per Matteo Renzi, a detta dell'ex premier l'unica occasione che la sinistra abbia avuto, negli ultimi anni, di fare questo passo. Ci si chiede davvero cosa sarebbe stato di queste elezioni se Renzi si fosse candidato.

Berlusconi si trova inoltre, per la prima volta ad affrontare seriamente la questione delle liste, tema ampio di discussione negli ultimi giorni nelle stanze del partito. Tutto è cominciato dalla citazione di Marcello Dell'Utri, il senatore che Berlusconi ha spiegato non ricandiderà pur ribadendo la stima infinita che prova nei suoi confronti. Le regole interne stabilite per le liste, Berlusconi dice che comprenderanno una strettissima quota di politici di professione, non più del 10% di quelli già arruolati in partito. Non si è spinto su nomi specifici, semplicemente precisando che a popolare le liste saranno esponenti della società, dell'impresa e del commercio.

Inevitabile, visti i fatti di attualità, la questione della politica estera. Il premier ritiene che l'Italia sia pedina fondamentale nei giochi di potere internazionali. Ricorda del ruolo fondamentale che svolse in relazione alla risoluzione della crisi libica, un anno fa. E quando gli si propone un parallelismo di quel ruolo con quello che il nostro paese potrebbe assumere in questo momento, lui nega la minima possibilità che l'Italia assuma un ruolo particolare in Mali

Il finale di puntata è dedicato a domande secche del conduttore, il quale chiede sostanzialmente a Berlusconi perché i cittadini dovrebbero preferirlo alla concorrenza. La risposta è un crocevia dei punti fondamentali e storici dell'azione politica e dialettica di Silvio Berlusconi: da quelli più vetusti, la demonizzazione dell'unica sinistra europea incapace ad evolversi, le sempreverdi questioni che lo farebbero un uomo di stato, con esperienza ed adatto ad interloquire in ambiti internazionali, fino a giungere alla più recente avversione a Mario Monti, che avrebbe vissuto il periodo del suo governo sotto una campana protettiva europea, unico elemento che gli avrebbe permesso di governare in maniera relativamente tranquilla.

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