Riceviamo e pubblichiamo da una nostra lettrice, Benedetta:
"Stiamo tutti vivendo un momento difficile. Adulti, giovani, anziani. Siamo sommersi da paure, timori, insicurezze. Ed è per questo che voglio condividere con voi queste mie parole, soprattutto con tanti giovani demotivati e con tanti genitori stanchi e rassegnati.
Una breve premessa: le mie parole non sono per una critica, né tantomeno voglio sminuire il problema, anzi voglio soltanto provare ad alleviare questi timori, raccontandovi la mia storia. Mi chiamo Benedetta De Luca e sono una ragazza disabile dalla nascita, una malattia rara che colpisce circa 1 su 60.000 nati. Ho trascorso quasi 12 anni della mia vita in ospedale e ho subìto 18 interventi chirurgici. Non ho frequentato assiduamente i miei primi anni di scuola, a causa della mia salute labile, della mia febbre, dei miei lunghi ricoveri ospedalieri. Insomma, svolgevo anche io una sorta di "DAD" ma senza pc, senza cellulare, senza alcuna interazione (siamo intorno all’anno 1996) non potevo relazionarmi con gli altri bambini, per mesi non conoscevo i miei compagni di classe. Facevo amicizia con gli altri bambini in ospedale, ma loro, magari si trovavano in quel reparto per un'appendicite e dopo qualche giorno andavano via, io trascorrevo settimane intere, a volte anche mesi. In sintesi, ero sempre sola.
Mia mamma mi portava il mondo in casa e in ospedale. Io sapevo di non poter afferrare la realtà che mi circondava, ma lei mi ripeteva spesso: "tra poco e il niente, meglio il poco". E sapete, quel poco da bambina me lo facevo bastare, senza un minimo capriccio. Ed è stata la vita a regalarmi poi il meglio da adulta. Trascorrevo i mesi in quattro mura di ospedale o, nella migliore delle ipotesi, a casa mia. Avrei voluto sedermi in un banco, desideravo fare gli esercizi alla lavagna come tutti gli altri bambini, ma mi accontentavo dell’arrivo di una grande busta gialla, contenente i miei compiti e le lezioni delle mie maestre.
Eppure ero al settimo cielo, quei compiti della scuola da svolgere, avevano il sapore di normalità, di quotidianità, ed io ero pronta a svolgerli, seppur da quel lettino di ospedale o dal lettino in camera mia. La mia fortuna nella sfortuna: ho avuto sempre una famiglia pronta ad incoraggiarmi, ad invogliarmi. Mai un lamento, mai una lacrima, mai un “perché proprio a me”. Sapevo che dovevo farlo per il mio bene e che, non appena la salute e la vita me lo avrebbero concesso, avrei ripreso in mano la mia vita di bambina e adolescente. Poi la salute migliorò ed ho frequentato le medie, le superiori e oggi ho una Laurea Magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza. Vero, voi potete dirmi: "ma i miei figli sono nati sani". Certo, ma questi sacrifici servono a contenere una pandemia, ad evitare i contagi, stanno tutelando la loro salute e quella degli altri.
Fate capire loro che sono degli eroi, stimolate la loro curiosità, creatività, i loro interessi anche in casa. Non trasmettete ansie e frustrazioni. Sono certa che, i giovani, sono capaci di trasformare le difficoltà in opportunità, se solo gli adulti glielo concedessero. Detto questo, capisco le difficoltà di tanti genitori, di famiglie numerose, di tanti ragazzi, ma vi ho raccontato la mia storia fatta di tante privazioni e che, ad oggi, è fatta anche di tante soddisfazioni. Arriveranno presto momenti migliori, l'importante è prendere il meglio da ogni situazione e avere la salute, il diritto fondamentale per eccellenza. Vi lascio una foto di me bambina e adulta, con quello stesso sorriso che mi accompagna anche oggi, nonostante tutto. Lo stesso sorriso che vi auguro di avere sempre ed in ogni istante, soprattutto in un momento così difficile.con affetto, Benedetta".
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