E' di qualche giorno fa un reportage in due puntate dal titolo “Sex and the teens”andato in onda su Sky tv24. Condotto e realizzato dalla giornalista del Fatto, Beatrice Borromeo, raccontava storie sessuali di adolescenti sporcaccione, di sporcaccioni adescatori e di come internet sia diventato il luogo della perdizione, di quanto poco si sappia (non è vero: sappiamo tutto) di queste ragazzine che si prostituiscono nei bagni della scuola e con le video cam. Insomma ha rifatto in tv più o meno la stessa inchiesta che fece esattamente un anno fa sul Fatto quotidiano. Molti all'epoca la commentarono in modo scomposto, e Marco Travaglio scese nell'arena internettiana a sedare gli interventi. Lo fece con classe: “ne risponderà in Tribunale non solo a lei, ma anche al Fatto, e spero che alla fine la merda che ha sparso in questi giorni gli verrà ricacciata in gola”, scrisse a chi commentava. In realtà, valeva l'anno scorso e ancora di più oggi: perché fare un'inchiesta, cioè un approfondimento, conservando lo stesso sguardo -morboso- sulle adolescenti che in genere restituisce la rete? Un conto è la cronaca quotidiana: “parla la prostituta e ci racconta la sua esperienza”, oppure: “nel liceo tal dei tali a 15 anni si prostituiscono”, ma con delle inchieste, o come consentono più di due ore di tv, con soldi e mezzi a disposizione, si possono dire tantissime cose e allargare lo sguardo. Invece come sempre i giornalisti e media che si cimentano col tema, volendolo approfondire, certi di svelare l'indicibile, lo scioccante, lo scandalo incalzano le o gli intervistati con fare inquisitorio. Loro per primi, però, sembrano esclamare sotto sotto “oggi giorno, che succede!”. Per cui l'impressione finale è di smarrimento e di angoscia.
La moltiplicazione di questi programmi, attraversati tutti da una vena di moralismo, ma compiuciuti della perversione (vera o presunta tale) delle intervistate, è senza tregua. A dare la maggior stura al genere audiovisivo a sfondo moraleggiante e che potremmo chiamare “giovani zozzone, zozzoni e signora mia” è stato l'episodio di cronaca delle due giovanissime del quartiere romano dei Parioli, che senza essere spinte dal bisogno, e di propria iniziativa (almeno agli esordi) si prostituivano. Per cosa? Per vestiti, status, viaggetti e un po' di coca. Quanto basta per farci rabbrividire. E ruminare sul "puttanesimo adolescenziale" quotidiano che riguarda un ultra mondo, ma mai il nostro. Mai quello degli adulti, ormai totalmente anestetizzati all'argomento. Al punto che non un politico, non un filosofo, nessuno proprio, il giorno dopo approfondimenti di questo tipo, si emoziona per le tristi vicende di ragazzine dalle unghie colorate o di ragazzini che consumano sesso con tanta spregiudicatezza. E neanche un genitore, certo che i propri figli siano al riparo. E chissà dove siamo noi adulti, allora, che osserviamo infanzia e adolescenza dei figli degli altri come si fa con delle scimmiette in gabbia? Tutti sono però molto concentrati a salvare la gioventù dall' “ideologia gender”, dall'aborto (ma non quello clandestino) e dai migranti stupratori.
Quando si farà finalmente un'inchiesta sui genitori, e cosa sanno dei loro figli? E una sull' infanzia sessualizzata dal marketing, la tv fatta dai bambini uguale a quella degli adulti? E quando si fa un'inchiesta su cosa noi adulti diciamo ai minori sul sesso? Della vicenda delle cosiddette “baby squillo” se n'è parlato tanto, le ragazze sono per fortuna sparite dal panorama, Alessandra Mussolini (il cui marito Floriani è risultato uno dei clienti) difensora della “famiglia tradizionale” (proprio quella sì) ha riabilitato il marito sporcaccione, minacciato querele qua e là, e la vicenda si è dimenticata. O meglio, per lei si è dimenticata, perché sulle dure ragazzine sono stati fatti approfondimenti in tv, come quello di Riccardo Iacona, sono usciti libri e presto sarà una fiction. E chissene importa se hanno già la vita rovinata dalle trascorse vicende. Tanto vale insistere, continuare a raccontare all'infinito la loro storia: si sono prostituite, le figlie della borghesia, perché volevano dei vestiti alla moda. Al festival della mente a Sarzana si è fatto questo incontro :“Sesso senza tabù e vergogna di sé: i paradossi dei nuovi adolescenti”. Ancora una volta: ma i paradossi degli adulti? E poi su Cielo è andata in onda una serie di documentari reportage sul sesso, lanciato, figuriamoci, con uno stuzzicante slogan “per un sabato sera ad alto tasso erotico”: “The body of sex”, “Sexy baby”, “Sex: the american obsession”, “Sex, business and politics"…Tutti documentari più o meno buoni, ma ossessivamente volti a ripetere la stessa cosa, fino all'intramontabile “Punto G, una storia di piacere e promesse” per non dire del sempreverde “Orgasm in, la strana scienza del piacere femminile”. Documentari che si alternano a talk verità, ultra verità, verissimi. Immaginario adolescenziale e demenziale, intrecciato a voci maschili fuori campo che dicono cosa sta per fare quella ragazzina lì, come se a parlare ci fosse il parrocchiano.
Nessuno, però, che si chieda mai: “perché”? Non sarebbe invece una riflessione da fare quella sugli adulti sempre più infantili? Su cosa offre la cultura di massa, a quali anticorpi abbiamo abdicato, incondizionatamente, trasformando l'abisso scavato in una lagna moralista, rivolta sugli adolescenti? Quando un documentario su qualche responsabilità politica? Cosa siamo disposti a farci raccontare dai nostri figli? Come è possibile che da una parte moralizziamo su tutto e dall'altra offriamo solo un unico insistente panorama, cioè quello di un tristissimo, limitato, ripetitivo universo falsamente erotico?