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Bari: i clan si ammazzano ma per i giudici è “passione”

A Bari gli omicidi che hanno insanguinato la città nel 2013 sono stati derubricati a vendette per motivi passionali dalla sentenza del rito abbreviato. Non importano i clan, l’onore da lavare e l’esibizione della violenza. La parola mafia scompare. Come se fosse una brutta storia di decenni fa.
A cura di Giulio Cavalli
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Giacomo Caracciolese era boss. Boss in quella Bari in cui i clan, nel 2013, avevano deciso di provare a disegnare nuovi equilibri mafiosi in città. Giacomo Caracciolese è stato inseguito, sparato e finito con un colpo alla testa da Donato Cassano che prima di schiacciare il grilletto gli ha urlato in faccia. "Adesso hai finito di fare il signore", e poi il colpo. Il 2013 è stato un anno di sangue, a Bari, iniziato con l'omicidio di Caracciolese e continuato con un triplice omicidio il 19 maggio dove fu ucciso Vitantonio Fiore (figlio del boss Pinuccio, egemone nella zona di San Pasquale) e Claudio Fanelli e Antonio Romito, due trentenni che passeggiavano con lui. Secondo gli inquirenti Vito Fiore sarebbe stato il mandante dell'omicidio Caracciolese e per questo ammazzato da una spedizione vendicatrice. Non che non se l'aspettasse, Vito Fiore, poiché il corpo disse che il giovane camminava indossando un giubbotto antiproiettile che non era bastato per fermare i colpi di kalashnikov.

Una storia di clan, di boss e di vendette in cui spuntò da subito anche un episodio di corteggiamento di Caracciolese ai danni della sorella di Vitantonio Fiore. Quando Bari in quei giorni si risvegliò con l'odore di sangue sui marciapiedi il sindaco di allora Michele Emiliano (oggi governatore della Regione Puglia) parlò di "uno scenario da guerra" chiedendo addirittura un intervento in prima persona da parte del Ministro degli Interni Angelino Alfano. Ed Emiliano, per esperienza professionale, è uomo che conosce bene le logiche criminali e mafiose di quel territorio.

Il 2 ottobre, tre giorni fa, è arrivata la sentenza a fine del processo di rito abbreviato e in molti sono rimasti basiti: il gup Sergio Di Paola, per l'omicidio di Giacomo Caracciolese, ucciso nell'aprile del 2013, ha condannato a 30 anni il pregiudicato Donato Cassano, escludendo, però, l'aggravante dell'articolo 7. In pratica quegli omicidi, secondo il giudice, furono "banalmente" una vendetta ispirata da motivi passionali e non un'azione di guerra tra clan (riconosciuti) per l'egemonia mafiosa. Il sindaco di Bari, Decaro, aveva chiesto non solo l'aggravante mafiosa ma, proprio in virtù di questa, anche un risarcimento per i danni d'immagini subiti dalla città. "Lo facciamo perché l'unica maniera per riconoscere la criminalità organizzata è ammetterla farla vedere, mostrarla nella sua brutalità".

Eppure fu proprio l'onore da lavare con il sangue che spinse i clan a combattersi. Per festeggiare la vendetta sui Fiore gli uomini di Caracciolese suonarono clacson all'impazzata per le vie della città e le carte processuali ci dicono che si dissero durante il preparativo dell'attentato: ""Ma tu sai come voglio andare? Col kalashnikov che gli devo menare trenta colpi, gli devo menare prima una raffica in testa… dietro la schiena che poi mi avvicino col piede lo devo girare e gli devo cantare la canzone "e il coccodrillo come fa… parapaparapara…" che il cornuto del padre lo deve fare"".

Il Sostituto Procuratore Roberto Rossi, del resto, durante il processo in cui ha sostenuto la parte dell'accusa era stato chiaro: "L'onore di cui si parla in questo caso non è certo quello di tipo sessuale. Ma quello criminale. L'onore è quello della famiglia: sono talmente violento, talmente forte, che non posso accettare alcuna offesa. Il prestigio criminale è alla base di un'associazione a delinquere e secondo noi quella è stata una delle esibizioni più muscolari della mafia barese degli ultimi anni".

E invece niente. Fatti di sangue. Fatti di corna e femmine. Come decenni fa. E la parola mafia scompare. Chissà se ancora qualcuno pensi che non nominarla possa bastare per sconfiggerla.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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