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Baby squillo: “Trattate come macchine”. Floriani rischia il giudizio immediato

Una delle prostitute minorenni di Roma: “Mirko Ieni ci pressava e ci condizionava, ci trattava un po’ come delle macchine, non voleva perdere i soldi”. Il marito della Mussolini rischia il giudizio immediato.
A cura di S. P.
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Emergono sempre più dettagli sulla vicenda delle due minorenni romane che si prostituivano in un appartamento dei Parioli. L’inchiesta è tornata in questi giorni sulle pagine dei giornali soprattutto per il coinvolgimento del marito di Alessandra Mussolini, Mauro Floriani, che ha ammesso di aver incontrato una delle due giovani escort. Floriani, che è indagato insieme ad altre decine di persone, rischia ora il giudizio immediato. Come scrive il Corriere della Sera, le indagini nei suoi confronti potrebbero chiedersi entro qualche settimana con il processo. Da parte sua il marito della Mussolini (che inizialmente aveva negato ogni accusa) ha detto che non conosceva la vera età delle baby squillo. Il Corriere scrive che da lunedì inizieranno gli interrogatori di una decina di uomini rintracciati attraverso intercettazioni telefoniche e tabulati: sono tutti indagati per sfruttamento della prostituzione minorile.

I clienti recensivano le baby squillo sul web – Sono state le stesse baby escort a descrivere, intanto, cosa succedeva in quell’appartamento dei Parioli. Una delle due minorenni, ascoltata nell’incidente probatorio davanti al gip Maddalena Cipriani lo scorso 5 febbraio, ha detto che spesso dovevano fare i conti anche con le recensioni negative di qualche cliente apparse sui siti dove si pubblicavano gli annunci. “È possibile che qualche cliente si lamentasse del fatto che fossimo arrivate in ritardo o non ci fossimo presentate all’appuntamento o che non fossimo proprio cortesi”, ha spiegato ricordando come fossero sotto pressione perché Mirko Ieni (l’uomo ritenuto dalla procura il loro sfruttatore) le trattava “un po’ come delle macchine”. Per lui – ha spiegato la giovane – “dovevamo esserci sempre, tutti i giorni, non voleva perdere i soldi, diceva che gli servivano i soldi per varie cose”.

“Chiedevamo di non avere ragazzi troppo giovani” – Le due baby squillo avrebbero raccontato quelle che erano le loro “richieste”: non volevano, ad esempio, come clienti dei 18/20enni “per il fatto che magari li potevamo conoscere”. Loro dicevano ai clienti di essere maggiorenni: a ribadirlo è stata l’altra giovane davanti al giudice. “La mia amica – ha spiegato – aveva detto a Mirko che faceva l'università. E anche io ai clienti dicevo di avere 18 anni, anche se mi è capitato che qualche cliente mi dicesse, vedendo le forme, ‘Ma sei sicura? Sembri più grande’. Noi più che altro ci mettevamo i tacchi e ci vestivamo più elegante possibile per sembrare più grandi. Quando poi abbiamo visto che ad alcuni clienti non gliene fregava niente, ci vestivamo normali. Ci truccavamo ma in modo normale. Io mi ero fissata in testa come se avessi proprio 18 anni, dentro di me non avevo più 15 anni, facevo come mi pareva”.

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