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Avvelenata dal figlio con le penne al salmone: “Voglio incontrarlo e vedere se è ancora il mio bambino”

Monica Marchioni racconta il suo stato d’animo oggi dopo la condanna del figlio Alessandro Leon a 30 anni di carcere per avere ucciso il suo compagno con le penne al salmone avvelenate e aver tentato di uccidere anche lei.
A cura di Antonio Palma
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"I suoi occhi quella notte non erano umani, avevano qualcosa di demoniaco. Diceva ‘Come cazzo è che non muori?' Oggi però sarei pronta a incontrarlo in cella per vedere se nei suoi occhi posso ancora vedere il mio bambino", così Monica Marchioni racconta il suo stato d'animo oggi dopo la condanna del figlio Alessandro Leon a 30 anni di carcere per avere ucciso il suo compagno con le penne al salmone avvelenate e aver tentato di uccidere anche lei.

"Non era fuori controllo quando tentava di soffocarmi con un cuscino, o quando mi prendeva a pugni in faccia. Era calmo. E lucido. Aveva gli occhi lunghi e luminosi, e un sorriso freddo che non dimenticherò mai. Non urlava, faceva ogni cosa in silenzio" ha raccontato a Vanityfair la 59enne che ha ricostruito la sua terribile vicenda in un libro, "Era mio figlio", scritto a quattro mani con la giornalista e criminologa Cristina Battista.

Il 15 aprile del 2021, Alessandro ha ucciso il patrigno Loreno Grimandi e ha tentato di uccidere sua madre Monica con un piatto di pennette al salmone avvelenate con del nitrito di sodio ma lei non era riuscita a mangiarli perché disgustosi. “Lui fece una sceneggiata e disse ‘mamma sto male, non riesco a fare niente, hai ragione a darmi del fallito. Ho un attacco di panico, vieni in camera con me, mettiamo della musica voglio rilassarmi' e io l'ho seguito" ha raccontato Marchioni.

"A un certo punto stavo male, il veleno iniziava a fare effetto. Lui è tornato dopo un po’ con un bicchiere in mano, che dopo ho scoperto fosse pieno di veleno. Mi allunga il bicchiere e mi dice mamma bevi. Non dimenticherò mai quegli occhi" ha aggiunto la 59enne a Pomeriggio Cinque. A quel punto la donna ha iniziato a capire ma era tardi. “Ho trovato mio marito in una condizione penosa, una scena raccapricciante. Ho cacciato un urlo che veniva dal profondo delle viscere. Dietro di me ho sentito mio figlio che stava indossando i guanti di lattice" ha raccontato.

A quel punto l'aggressione e la lotta: "Lui mi ha soffocato con i cuscini dandomi dei pugni in bocca perché io urlavo. È stato vigliacco fin dall’inizio perché ero sempre a pancia in giù. Mi ha buttato per terra e mi schiaccia contro il pavimento. È durato 30-40 minuti". Solo quando ha sentito dei rumori lui ha desistito pensando all'arrivo delle forze dell'ordine.

Una esperienza traumatica per la donna che per lungo tempo ha sofferto di attacchi di panico tentando anche il suicidio. Ora però ha ripreso a scriversi col figlio e anche se non lo ha perdonato, vorrebbe rivederlo: "Credo che lui abbia qualcosa da dirmi e io voglio la verità".

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