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“Avevo 36 ore di vita, col trapianto sono passato dalla certezza di morire a essere qui a parlare”

Il racconto di un 56enne sopravvissuto grazie a un trapianto sequenziale all’ospedale Molinette della Città della salute di Torino, in collaborazione con il Gemelli di Roma. Prima ha ricevuto quello di microbiota fecale, poi quello di fegato.
A cura di Susanna Picone
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Immagine di repertorio
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"Avevo un giorno e mezzo di vita davanti, quindi sono passato dalla certezza di morire a essere qui a parlare". A descrivere l’intervento realizzato all'ospedale Molinette della Città della salute di Torino in collaborazione con il Gemelli di Roma è il paziente stesso, un uomo di 56 anni di Torino salvato grazie a un doppio trapianto. Prima il paziente ha ricevuto quello di microbiota fecale, poi quello di fegato.

"Ho sempre avuto problemi di policistica a reni e fegato e sono sempre stato sotto cura e sovrappeso, oltre i 100 chilogrammi – ha raccontato il paziente, affetto dalla nascita da malattia policistica con interessamento epatico e ai reni – poi ho dovuto fare un intervento a un ginocchio e sembrava essere andato tutto bene, ma dopo tre settimane sono iniziati i problemi: ittero, infezioni intestinali. Sono rimasto a letto quattro mesi e sono finito in ospedale, ma non riuscivano a farmi migliorare, finché non mi hanno mandato in terapia intensiva alle Molinette".

Il paziente era all'ospedale Martini di Torino, perché costretto alla dialisi e il fegato era completamente avvolto da cisti e ciò comportava una denutrizione e la colonizzazione intestinale da parte di batteri resistenti a qualunque terapia antibiotica. Lo scorso agosto è stato trasferito nella Terapia intensiva epatologica dell'ospedale Molinette, dove gli hanno proposto il trapianto del fegato. Ma il successo era condizionato dal riuscire a contrastare i batteri fecali resistenti agli antibiotici che avevano colonizzato l'intestino. E questo è stato fatto attraverso il trapianto fecale, che ha consentito di inserire il paziente nella lista trapianti in elevata priorità.

"Le 50 pastiglie di materiale fecale trattato da prendere per poter fare il trapianto di fegato, non sono state una passeggiata ma hanno fatto in modo che non mi pesasse e sono sopravvissuto", racconta adesso l’uomo, che ora è anche dimagrito. "Sono sui 70 chilogrammi e praticamente i miei vestiti e le mie scarpe sembrano di un altro. Riesco già ad alzarmi da solo, nonostante il ginocchio, a cui dovrò rifare l'operazione, perché la protesi si è sganciata. Dal trapianto sono venuto a casa prima di Natale e ogni giorno sento la differenza in meglio. Ho moglie e figlia che mi coccolano e mi portano ovunque, sono sempre state vicino a me, sono venute ogni giorno in ospedale".

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