Giulia Cecchettin è la 105esima donna uccisa nel 2023. La 82esima in ambito familiare. Un dramma in seguito al quale la famiglia di Giulia, col papà Gino e la sorella Elena, hanno chiesto di “far nascere qualcosa perché non accada più”, di “fare rumore” e di denunciare, sempre.
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La lettera a Fanpage.it
Avevo 17 anni, il mio ex aveva la mia password di Facebook, si arrabbiò per alcuni messaggi che avevo ricevuto da compagni di classe e dei suoi amici. Erano auguri di compleanno/buon anno/buon Natale.
La mattina dopo disse che voleva vedermi e io saltai scuola, lo incontrai alla fermata del bus e lui sembrava fuori di sé. Dovevamo andare a casa mia (non c'era nessuno in casa). Avevo paura di aprire la porta di casa, non volevo, lui mi disse di farlo, ci sedemmo e iniziò a urlare. Mi diede uno schiaffo forte in faccia, ebbi paura, scappai in bagno chiudendo a chiave.
Lui sbatteva sulla porta tanto che temevo la sfondasse, uscii, mi disse che voleva uccidermi. Ero terrorizzata, stava controllando tutto il mio cellulare, prese il mio pc e lo scaraventò a terra rompendolo, buttò il materasso del mio letto a terra, prese un coltello dalla cucina e disse che mi avrebbe ammazzata e si sarebbe ammazzato.
Alla fine se ne andò, io misi tutto a posto, non dissi niente ai miei genitori, feci finta di tornare a casa da scuola. Giustificai l'ematoma in faccia con una caduta. Non lo lasciai quella volta, avevo paura.
Ci furono altri episodi di violenza. Ad esempio il giorno del mio compleanno: ero con delle mie amiche e lo incontrai “per caso” in piazza, mi mise le mani al collo e strinse, mi urlava, la mia amica cercò di allontanarlo, andammo via.
Un'altra volta ero uscita a fare degli acquisti, disse che qualcuno mi aveva visto e chiese di incontrarci: lo feci, era arrabbiato e diceva che mi avrebbe riaccompagnata a casa. Ebbi paura, dissi che sarei tornata a casa da sola, presi la mia bici e me ne andai, lui mi rincorse con la sua bici, temevo che mi avrebbe raggiunta, mi fermai davanti a una caserma, lui arrivò e mi tirò un pugno in faccia che caddi a terra.
Un militare vide la scena e mi disse di andare dai carabinieri a denunciare e che poi sarei tornata a casa con loro: non lo feci e tornai a casa con lui. Avevo paura di lasciarlo, avevo paura di parlarne con i miei genitori.
Alla fine ho trovato la forza di lasciarlo: diceva che si sarebbe suicidato, non ebbi alcuna pena. Ringrazio Dio per avermi salvata.