Avetrana bis, tutte le bugie del ‘dio Ivano’ sull’omicidio di Sarah Scazzi
Ivano Russo ha mentito ai giudici per dieci anni sul suo vero ruolo nel delitto di Avetrana. Ivano, secondo la sentenza che lo ha condannato a cinque anni di carcere per falsa testimonianza e depistaggio, avrebbe incontrato Sabrina Misseri e la cugina, Sarah Scazzi, 20 -30 minuti minuti prima del delitto. È la verità che emerge dal secondo troncone del processo di Avetrana, ovvero il ‘processo ai silenzi' come lo ha chiamato la Procura. Quelli di Ivano, ma anche quelli della madre del cuoco e di suo fratello che si sono resi complici, entrambi, sempre secondo la sentenza, della falsa ricostruzione fornita dal Russo ai pm, su quanto accadde quel 26 agosto 2010, quando la quindicenne con cui aveva ingaggiato un tenero scambio di sms, veniva strozzata con una corda dalla zia e dalla cugina, la sua seconda famiglia, nella villetta di via Deledda.
Quel pettegolezzo di paese: Sabrina rifiutata da Ivano
Il ‘dio Ivano' infatti, come lo chiamava l'innamoratissima Sabrina, quel giorno sarebbe uscito intorno alle 13 e 50 per andare a comprare le cartine per le sigarette e sarebbe rientrato alle 14 e 15, turbato, dopo aver incontrato le due ragazze che discutevano. Litigavano per lui, o meglio per quel pettegolezzo messo in giro da Sarah sul suo conto, quello secondo il quale Ivano avrebbe rifiutato Sabrina dopo che lei si era già spogliata per consumare un rapporto sessuale, quello che aveva esposto Sabrina al pubblico ludibrio del paese. Ivano, sempre secondo la ricostruzione del ‘processo ai silenzi', avrebbe taciuto di aver visto le due ragazze e avrebbe anche volutamente scelto di non rispondere alle chiamate al cellulare quello stesso pomeriggio, quando la scomparsa della ragazzina fece il giro delle case e dei telefoni del paese.
Le menzogne dette da Ivano Russo per dieci anni
‘Ero a casa a dormire', ‘non ho sentito il telefono', ‘quel giorno non ho visto Sarah' disse Ivano Russo agli inquirenti dieci anni fa, prima che le condanne cristallizzassero quanto accaduto quel giorno. Poi nel 2014, dalle confidenze dell'ex di Ivano alla ex cognata, allora fidanzata del fratello di Ivano, è nato il nuovo filone di indagine. A ‘inchiodare' l'ex cuoco di Avetrana, nel nuovo processo è stata la testimonianza di Virginia Coppola, ex e madre di suo figlio. "Questa persona è stata diversi anni al mio fianco – ha detto Ivano della supertestimone – poteva farlo prima perché l'ha fatto nel momento in cui ci sono state delle denunce riguardo a nostro figlio? Qualcuno avrebbe dovuto drizzare le antenne sulla tempistica e dire: c'è qualcosa che non va". Per Ivano Russo, il ‘dio Ivano' come soleva chiamarlo l'amica Sabrina Misseri, la testimonianza che lo ha incastrato facendolo condannare a cinque anni di carcere, sarebbe solo la vendetta di un'ex. Coppola, invece, è stata ritenuta credibile così come l'allora compagna del fratello di Ivano, finita anche lei sotto accusa e poi assolta.
A mentire in questa tremenda storia sono stati gli uomini, dunque, Ivano Russo e Michele Misseri, che con il secondo troncone processuale si è visto comminare una seconda condanna oltre a quella per occultamento di cadavere (otto anni). Colui che per la parte civile è stato solo il ‘becchino' di Sarah, il macabro autista del suo ultimo viaggio dalla casa di via Deledda al pozzo nero dove poi è stato ritrovato il cadavere. Misseri, lo zio, ha mentito, continua a mentire nelle ormai numerose lettere che scrive ai giornali per ribadire l'ennesima una volta che le sue donne, Cosima Serrano (detta Mimina) e la figlia, Sabrina, sono innocenti. Lettere che non fanno neanche più notizia.
Ivano, zio Michele e gli altri: tutti i bugiardi di Avetrana
Misseri, che si trova in carcere dal 2017, quando la prima condanna è diventata definitiva, ha voluto essere presente alla lettura del dispositivo per il processo bis, uscendo per la prima dalle mura del penitenziario di Taranto. Completamente calvo, appesantito, con il bavero della giacca alzato sul collo si è presentato in aula per la prima volta dopo tre anni. Si è alzato in piedi alla lettura della sentenza mentre Ivano, invece, ha preferito attendere il verdetto a casa, dove è stato avvertito della condanna da una giornalista di ‘Quarto Grado'. Insieme a loro altre dieci persone sono state condannate per aver mentito e taciuto sui fatti. Dieci abitanti di quello sparuto paesino in provincia di Taranto, seimila anime appena (compreso il fioraio che disse di aver ‘sognato' di aver visto Sabrina e Sarah litigare), hanno sviato le indagini sulla morte di una ragazzina di quindici anni, alzando la nebbia nella quale si sono fatti strada negli ultimi sei anni giudici e avvocati.