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Avere il coraggio di avere paura. Restare umani

La semplificazione del “noi contro loro” è il fine di questo attacco organizzato nel cuore d’Europa. Ogni volta che avremo paura di compiere un’azione normale (una sera a teatro, un pomeriggio allo stadio) i terroristi saranno riusciti ad infilarsi nelle corde delle nostre giornate e la nostra inquietudine sarà il loro vessillo. Restare umani non significa accettare inermi l’attacco. Restare umani, oggi, significa avere per la vita e per l’uomo tutto il rispetto di cui siamo capaci, non imbarbarirci, non accettare la liberalizzazione dell’odio e del sangue.
A cura di Giulio Cavalli
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C'è una nobiltà enorme nel modo in cui questa mattina i cittadini parigini hanno deciso di uscire di casa, aprire i negozi, accendere le luci dei bar e fare la conta dei morti e dei feriti, da vivi. Vivi. Consapevoli che questa guerra si gioca nella tenuta dei meccanismi quotidiani che qualcuno vorrebbe stordire e spremere affinché non rimane altro che bile e vendetta. Mentre già ululano gli sciacalli (Salvini, pateticamente, propone fuoco e fiamme) la Francia si è vestita con l'abito più coraggioso: il lutto per quello che serve, la rabbia giovane che viene dal dolore ma soprattutto il vestito di chi non si lascia sporcare dalla paura.

Il più grande e pericoloso esercito contro l'ISIS sono i francesi che questa mattina si presentano agli occhi del mondo con l'ostinata devozione per la propria libertà (e diritto) di difendere un ‘modo' di essere democratici, umani e liberi senza paura. Questa mattina Parigi offre una città che ha il coraggio di avere paura senza diventane schiava. Restando umana. E io, prima di qualsiasi analisi, prima di essere slavato dal gorgo dei razzisti che staranno preparando i conati di odio, osservo questi piccoli cittadini che stanno per le strade francesi con il culto del "riaggiustare ciò che è rotto", "del risistemare tutto", li osservo con un moto di profonda ammirazione.

L'attacco dell'integralismo islamico è una trappola: provano ad accendere la bestialità di una contrapposizione sul campo dell'odio. L'ISIS vince ogni volta che diventa "normale" sdoganare l'odio e la violenza. Non è solo terrorismo, questa è la strategia dell'odio che vorrebbe infettarci, spingerci lì dove la civiltà è sconfitta dal pelo e dai denti di chi insegue il sangue. Se perdiamo l'equilibrio di una civiltà democratica loro avranno vinto: diventare come loro sarebbe il modo migliore per legittimarli.

La semplificazione del "noi contro loro" è il fine di questo attacco organizzato nel cuore d'Europa. Ogni volta che avremo paura di compiere un'azione normale (una sera a teatro, un pomeriggio allo stadio) i terroristi saranno riusciti ad infilarsi nelle corde delle nostre giornate e la nostra inquietudine sarà il loro vessillo.

Restare umani non significa accettare inermi l'attacco. Restare umani, oggi, significa avere per la vita e per l'uomo tutto il rispetto di cui siamo capaci, non imbarbarirci, non accettare la liberalizzazione dell'odio e del sangue.

Scriveva Primo Levi:

"A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno inconsapevolmente, che “ogni straniero è nemico”. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora al temine della catena, sta il Lager. Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano. La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo."

Restiamo umani.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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