Attività ancora chiuse, parrucchieri si incatenato per protesta: “Noi più sicuri dei bus”
Con mascherine e guanti ma incatenati davanti all’ingresso e nel loro negozio da parrucchiere ancora chiuso dopo il blocco imposto dalle misure anti-contagio. È il gesto di protesta simbolico messo in scena oggi dai titolari di un centro estetico di Padova per contestare la decisione del governo di rimandare ancora una volta la riapertura dei saloni di barbieri e parrucchieri in vista della fase due del contenimento del contagio. “Noi parrucchieri siamo abituati a lavorare secondo le norme di igiene e abbiamo tutto il materiale per riprendere: visiere, camici, guanti, gel igienizzante. Conte vuole farmi credere che un locale di cento metri quadri con due lavoratori e due clienti è meno sicuro di un autobus con 20 persone?” ha dichiarato Stefano Torresin, titolare di “La dolce vita” in Corso Milano.
Il centro estetico da giorni infatti si stava preparando a una riapertura acquistando tutto il materiale necessario per lavorare in sicurezza come dispenser di igienizzante, termometri laser, mascherine e visiere e così tanta è stata la delusione quando domenica sera il Premier Giuseppe Conte a escluso la categoria da quelle pronte a riaprire per la fase due del 4 maggio. Per Conte infatti i parrucchieri non potranno riaprire prima del 1 giugno.
Rimanere chiusi per mesi in effetti si sta rivelando disastroso dal punto di vista economico per chi ha questo tipo di attività. “Conte Ha il fegato di dire di aver fatto una manovra economica eccezionale ma noni abbiamo 20 mila euro di spese fisse al mese e il governo ci vuole dare 600 euro ha sottolineato Agostino Da Villi, l’altro titolare di “La dolce vita” in Corso Milano. “Noi come tutti i colleghi, dopo oltre un mese di chiusura ci aspettavano di aprire almeno l’11 o il 18, invece Conte dice che forse apriremo a giugno. Abbiamo 20mila euro di costi mensili che ad oggi continuammo a pagare, non possiamo restare ancora chiusi” hanno concluso.