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Archiviate accuse di pedofilia sul Vaticano, la decisione della corte dell’Oregon

L’avvocato della vittima ha dichiarato di voler ricorrere in appello: la Chiesa non considera, invece, il reverendo accusato di abusi, un “impiegato” della Santa Sede.
A cura di Daniela Caruso
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Un sacerdote è stato accusato di abusi sessuali. Un giudice federale della Corte dell'Oregon ha archiviato però il caso, nel quale l'accusa aveva messo in evidenza il pieno coinvolgimento del Vaticano nella vicenda. Michael Mosman, della Corte di Portland, però, ha deciso che la Santa Sede non può essere considerata il datore di lavoro di padre Andrew Ronan, il quale è  stato accusato, appunto, di abuso su minori.

Il prete in questione, però, è morto nel lontano 1992: dopo la decisione del giudice di Portland, la Chiesa esce indenne dalla vicenda che ha coinvolto diverse famiglie danneggiate dai reati commessi dal prete pedofilo. Il Tribunale distrettuale dell’Oregon ha dato ragione al Vaticano, nel più importante caso rimasto aperto per lo scandalo dei preti pedofili, quello cosiddetto "John Doe vs Holy See", in cui il nome fittizio protegge l’identità della vittima, la quale, all'epoca dei fatti, aveva solamente 17 anni. Il ragazzo ha accusato il reverendo Ronan di averlo ripetutamente molestato negli anni Sessanta. Per il giudice, non ci sarebbero "fatti che creino un vero rapporto di lavoro tra Ronan e la Santa Sede".

Padre Ronan ha abusato di diversi ragazzi in 15 anni: dopo dieci anni, è stata chiusa la causa per difetto di giurisdizione. Padre Ronan, che faceva capo all'Ordine dei Servi di Maria, in quindici anni, aveva abusato di altri ragazzi, nella città di Benburg, in Irlanda e a Chicago. Tali fatti erano, però, stati chiusi nel più stretto riserbo dalla dall'Ordine religioso. Padre Ronan chiese di essere ritotto allo stato clericale, domanda che fu accolta e messa in pratica in cinque settimane. Jeff Anderson, avvocato della vittima, ha detto che ricorrerà in appello: "Siamo dispiaciuti, ma non scoraggiati", queste le sue parole dopo la decisione del giudice. L’avvocato della Santa Sede , Jeffrey Lena, invece, ha sottolineato che "la Corte si è chiesta se il prete va considerato come un “impiegato” della Santa Sede solo per il fatto di essere sacerdote soggetto alle norme generali del Codice di diritto canonico e ha risposto inequivocabilmente di no".

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