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“Arbeit macht frei” sul portone dell’officina. Il proprietario: “Non so nulla del nazismo”

L’uomo ha spiegato non conoscere il significato storico della scritta, ma solo quello letterale: “Il lavoro rende liberi”. “Sono nato nel 1979 e non ho studiato, non so dove sia e cosa sia Auschwitz, pensavo ci stesse bene” si è giustificato prima di rimuoverle il cartello.
A cura di A. P.
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"Per me quell'insegna in un luogo di lavoro ci sta bene ma son nato sono nato nel 1979 e non ho studiato. Se devo proprio la tolgo", così si è giustificato il proprietario di una officina meccanica di Rimini dopo le polemiche per un cartello affisso in bella vista sul portone della sua attività in cui si leggeva "Arbeit macht frei”. La scritta beffarda "Il lavoro rende liberi", apposta dai nazisti su tutti i cancelli di tutti i lager di sterminio durante la seconda guerra mondiale, deve essere suonato come uno slogan adatto all'occasione per  il meccanico ma, dopo la pubblicazione delle foto, l'uomo si è ritrovato al centro di una polemica  mediatica che l'ha indotto a fare un passo indietro.

“Io del nazismo non so nulla, sono nato nel 1979 e ho fatto la terza media, non ho una minima idea di cosa sia stato. Quel cartello è affisso da un mese e mezzo. Io rispetto tutti, neri e bianchi, non sono razzista. Non conosco quella storia, non so dove sia e cosa sia Auschwitz. Quella frase mi piace per il suo significato, ‘Il lavoro rende liberi’. Penso sia vero”, si è giustificato l'uomo. Contro di lui però si è sollevata una indignazione pubblica che ha chiamato in campo anche l'amministrazione comunale di Rimini, città medaglia d’oro per la Resistenza, e l'Anpi

"Deve togliere quel cartello dalla sua officina, immediatamente, ma non perché ci sia una legge che lo impone o perché nasce una protesta, ma come atto consapevole di avere sbagliato, gravemente, nel non riflettere sulla responsabilità che ognuno ha nell'usare le parole" hanno affermato  l’amministrazione, aggiungendo: "È una disinvoltura imbarazzante e penosa la sua ignoranza in merito alla storia e all’uso di quella scritta in tutti i campi di concentramento nazisti e ad Auschwitz”.  “Ci si chiede come sia possibile che una persona nata nel 1979 non abbia mai visto un film, una foto con didascalia, uno spunto sulla tragedia della Shoah” e che quella scritta “non gli sia mai stata associata alla tragedia”, scrivono invece dall'Anpi, aggiungendo:"Un sempliciotto non avrebbe appeso nella sua attività un cartello con quella frase in tedesco”, in quel gesto “oltre alla bugia leggiamo la provocazione".

Una presa di posizione che ha spinto il proprietario dell'officina  a togliere il cartello incriminato. "Sono stato massacrato, non riesco a lavorare per rispondere alle telefonate. Comunque il cartello l’ho già smontato, non pensavo di avere dei problemi del genere", ha spiegato l'uomo, ribadendo: "Non voglio offendere nessuno e neanche perdere altre giornate di lavoro, non ho tempo e non ci tengo, ho smontato tutto".

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