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Andremo in pensione 5 mesi più tardi: aumentano gli anni di lavoro prima del pensionamento

Nel biennio 2019-2020 i requisiti per andare in pensione cambiano: rispetto ad oggi serviranno cinque mesi in più di lavoro per poter richiedere il pensionamento. A determinare questo aumento l’aumento delle aspettative di vita degli italiani. La pubblicazione del decreto in Gazzetta ufficializza l’aumento dei requisiti per la pensione.
A cura di Stefano Rizzuti
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Le pensioni per gli italiani si allontanano sempre più: nel biennio 2019-2020 i requisiti per andare in pensione aumentano di cinque mesi. La decisione è stata ufficializzata con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta ieri, del decreto del Ragioniere generale dello Stato insieme al direttore generale delle politiche previdenziali e assicurative del ministero del Lavoro. Il decreto prevede che vengano “ulteriormente incrementati di cinque mesi” i termini per il pensionamento e che “i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva sono incrementati di 0,4 unità”.

L’aumento dei requisiti per la pensione deriva dalla variazione della speranza di vita che è stata rilevata dall’Istat nel triennio 2014-2016: “Vista la nota del presidente dell’Istituto nazionale di statistica – si legge ancora in Gazzetta Ufficiale – con cui si comunica che la variazione della speranza di vita all’età di 65 anni e relativa alla media della popolazione residente in Italia tra l’anno 2013 e l’anno 2016 è pari a 0,4 decimi di anno; il predetto dato, trasformato in dodicesimi di anno equivale ad una variazione di 0,5 che, a sua volta arrotondato in mesi, corrisponde ad una variazione pari a cinque mesi”.

Gli attuali limiti per andare in pensione

Cambiano quindi i requisiti richiesti per il pensionamento con un incremento di cinque mesi rispetto ai limiti di questo e del prossimo anno. Attualmente, per gli uomini la pensione di vecchiaia è prevista a 66 anni e 7 mesi. Stesso limite per le dipendenti del settore pubblico, mentre per quelle del privato bastano 65 anni e 7 mesi, contro i 66 anni e un mese delle lavoratrici autonome.

Nel 2018 scatterà un nuovo minimo a 66 anni e 7 mesi per tutti i lavoratori e le lavoratrici per raggiungere l’obiettivo dell’equiparazione del trattamento pensionistico tra uomini e donne. Dal 2019, invece, si andrà in pensione a 67 anni.

Come cambiano i limiti per le altre pensioni

Le variazioni riguardano anche altre pensioni, come quella anticipata, quella per i lavoratori precoci e quella per coloro che usufruiranno dell’Ape social. Per quanto riguarda la pensione anticipata sulla base dei contributi versati finora il limite era fissato a 42 anni e 10 mesi, ma ora salirà a 43 anni e 3 mesi. Per le donne si passa da 41 anni e 10 mesi a 42 anni e 3 mesi.

Per i lavoratori precoci, coloro che hanno versato almeno dodici mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni, dai 41 anni di contributi si passa a 41 anni e cinque mesi, con lo stesso limite fissato sia per uomini che per donne. Crescono inoltre le ‘quote' – ovvero la somma tra età e anni di contribuzione – per chi svolge lavori di categorie definite usuranti: oggi il minimo è 97,6 e presto diventerà 98.

L’assegno sociale, invece, oggi arriva a 65 anni e 7 mesi. Salirà nel 2018 a 66 anni e 7 mesi, per poi arrivare, l’anno successivo, a 67 anni. Infine, la variazione della speranza di vita avrà effetti sull’Ape social a partire dal 2021, fatta eccezione per l’aumento di cinque mesi previsto per le categorie di lavori considerati gravosi.

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