Andrea Rocchelli, fotoreporter ucciso in Ucraina: confermata l’assoluzione per il militare Markiv
È stato assolto in via definitiva Vitaly Markiv, il militare della Guardia nazionale ucraina accusato di aver ucciso Andrea Rocchelli, il fotoreporter italiano morto il 24 maggio 2014 a Sloviansk mentre stava effettuando un reportage sulle sofferenze della popolazione civile lungo il confine conteso tra Ucraina e Russia nella regione del Donbass dove gli scontri andavano avanti ormai da tempo. Con Andy, così come lo chiamavano tutti, fu ucciso quel giorno anche l'interprete russo Andrei Mironov mentre rimase ferito il fotoreporter francese William Roguelon.
La vicenda giudiziaria è iniziata con la condanna nel luglio 2019 da parte della Corte d’assise di Pavia nei confronti del soldato italo ucraino Markiv, arrestato nel 2017, a 24 anni di reclusione per concorso nell'omicidio di Andy e Andrei. Sentenza ribaltata in appello, dopo un anno, con l'assoluzione per il militare, scagionato per insufficienza di prove. Markiv è stato sempre difeso dalle autorità governative di Kiev e in un'occasione il ministro dell’Interno ucraino Arsen Avakov, ascoltato in aula in una delle udienze del processo d'Appello, ha definito il militare un eroe di guerra. Le forze di polizia ucraine insieme alle autorità hanno sempre parlato della morte del fotoreporter italiano come di un "danno collaterale" della guerra che lui stesso stava documentando, ma l'inchiesta italiana, aperta grazie alle insistenze della famiglia di Andrea, hanno portato all'arresto di Vitaly Markiv avvenuto il 30 giugno 2017 a Bologna e poi al suo processo.
Il militare, secondo quanto emerso dalle indagini del Ros di Milano, alla fine del 2013, "rispondeva al richiamo della madre patria tornando in Ucraina e prendendo parte agli scontri di Piazza Maidan a Kiev. Quindi si arruolava nei neo-istituiti Battaglioni di volontari, inseriti nella Guardia Nazionale, alle dirette dipendenze del Ministero dell'Interno Ucraino". Veniva stanziato sulla collina Karachun, alle porte della cittadina di Sloviansk, altura dalla quale il 24 maggio 2014 veniva aperto il fuoco verso i fotoreporter e l'interprete. Nessuna prova però che a sparare fu proprio lui. Con questa sentenza la posizione di Markiv rispetto a questa vicenda è definitivamente chiusa.