Andrea, quattro mesi in terapia intensiva per Covid: “Sono giorni rubati alla vita, state attenti”
"I decessi sono un dato di fatto, così come le degenze come la mia di sei mesi: sono giorni rubati alla vita. Quindi seguiamo quelle quattro regole fondamentali e consideriamole come un investimento per il futuro". Ecco il messaggio rivolto a tutti da Andrea Delisio, 48enne originario di Roma, ma residente da anni vicino a Parma, con la sua famiglia, dopo una lotta difficilissima col virus durata oltre sei mesi. Ricoverato il 19 marzo scorso all'Ospedale Maggiore della città ducale, Andrea ha conosciuto da vicinissimo il Covid-19 e adesso, dopo aver concluso soltanto a fine settembre il lungo percorso di riabilitazione, tramite le telecamere di Fanpage.it ha deciso di raccontare la sua storia e, soprattutto, rivolgere il suo ringraziamento particolare a tutti gli operatori sanitari che lo hanno seguito in questi mesi. "Hanno dimostrato professionalità, umanità e competenze eccezionali -assicura Andrea-, in questo momento c'è assoluto bisogno di persone così".
"Il 19 marzo sono stato ricoverato per Covid con una polmonite interstiziale che interessava il 60% dei polmoni -riavvolge il nastro il 48enne-. Sono stato quattro mesi a Parma, di cui tre in terapia intensiva in coma farmacologico e uno in sub-intensiva, e due mesi presso la clinica riabilitativa Cardinal Ferrari di Fontanellato". Una volta rientrato a casa, il 29 settembre scorso, amici e soprattutto moglie e figlio di appena otto anni hanno accolto Andrea con striscioni e una festa a sorpresa. "Bellissimo" ricorda Andrea. Ma prima, c'è stata una battaglia non semplice da vincere.
"Tutto è iniziato con una sintomatologia simile a quella influenzale -racconta-, con la febbre alta che non scendeva neanche coi farmaci. Poi ho perso olfatto e gusto, fino a quando, a causa di difficoltà respiratorie, sono stato ricoverato. Dopo tre o quattro giorni, a seguito di una crisi respiratoria, sono andato in terapia intensiva". I ricordi, a questo punto, però si interrompono. Per tre mesi è blackout totale. Poi, dopo il coma farmacologico, c'è l'inizio della rinascita, a piccoli passi. Prima un mese in terapia sub-intensiva, con le prime videochiamate ad occhi aperti con la moglie e il figlio, e poi per altri due mesi nel centro riabilitativo in provincia. "Ricordo le difficoltà non solo nostre, dei pazienti, ma anche del personale medico e degli infermieri. Ci tengo a raccontare la mia esperienza -precisa dunque Andrea- perchè per me è un esempio di efficienza della sanità pubblica. Oggi conduco una vita normale grazie a loro".
"Ci tengo però a raccontarla anche perché il virus esiste, lo passiamo sulla pelle" continua il giovane padre, mostrando proprio i segni ancora visibili della tracheotomia. "È un ricordo che aiuta ad apprezzare le cose importanti. E non posso dimenticare neanche la sensazione di immobilità – prosegue Andrea – . Lì subentra l'aspetto psicologico del timore di non riuscire a tornare come prima". Fortunatamente, in realtà, la strada imboccata grazie al personale al suo fianco sembra proprio quella giusta.
In seguito a così tanti mesi di lotta in solitudine contro il virus, la ripartenza è iniziata "con la prima visita di mia moglie e mio figlio. Rivederli fisicamente è stato come ricominciare a vivere" conclude Andrea, appellandosi quindi al buonsenso di tutti: "Ci sono delle regole, seguiamole. In terapia intensiva ci siamo stati e tanti, purtroppo, non ne vengono fuori".