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Andiamo a prenderci il pallone: ecco perché dovremmo essere tutti come il figlio di Keane

Un bambino, prima dell’inizio della partita della partita di Coppa d’Inghilterra tra il Tottenham e il Middlesbrough decide di andare a prendersi il pallone e corre fino a segnare nella porta dall’altra parte del campo, facendo esplodere il tifo sugli spalti. Una qualità che è preziosa e rara: ci sono momenti nella vita, vale per gli adulti e per i bambini, in cui per mettere in pratica i propri desideri tocca spezzare la composta abitudine del cerimoniale e decidere di fare qualcosa che non andrebbe fatto per essere quello che si è e per provare a diventare ciò che si vuole diventare.
A cura di Giulio Cavalli
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Ci sono le squadre disposte in campo, l'arbitro e i guardalinee impettiti che si tengono dritti per venire bene in foto, il rumoreggio del tifo che si gode quel momento in cui tutto deve ancora iniziare quando ancora si può sperare che succeda davvero di tutto e ci sono le telecamere che scarrellano sui volti dei giocatori mentre spremono concentrazione. La partita è Tottenham contro Middlesbrough, valida per la Coppa d'Inghilterra, e accade che un bambino con la maglia rossa del Middlesbrough, dentro dei pantaloncini e dei calzettoni troppo lunghi che gli lasciano scoperto solo uno scorcio di ginocchio, corra a prendersi il pallone sotto lo sguardo divertito dei grandi, tutto preso da una partita che sta giocando nella sua testa solo lui, quella in cui tu sei tutti i protagonisti e sei il calciatore e sei anche i tuoi avversari e sei l'arbitro e sei anche il tifo che ti incita. Solo che qui lo stadio è uno stadio vero e il campo è un campo lungo, deve avere pensato quel bambino decidendo di non accontentarsi di avere la palla tra i piedi e correndo con passi svelti e incerti verso la porta, un tocco e via, un tocco e via, fino all'essere abbastanza vicini alla linea del goal per essere sicuri che no, che quel tiro davvero non si può sbagliare.

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Il bimbo segna, lo stadio esplode e lui rimane lì a guardarsi intorno, assorto nella sua partita. Noi da fuori vediamo un bambino solo che corre ma lui probabilmente nella sua testa ha ubriacato di dribbling la squadra avversaria, ha segnato con una rovesciata immaginaria e ha appena vinto la Coppa del Mondo. Sembra quasi non interessarsi a quello che succede fuori: la sua partita è nella sua testa ed è tutta un'altra storia che possiamo solo provare a indovinare. Il piccolo calciatore si chiama Hudson Keane ed è il figlio di quel Robbie Keane che con la maglia del Tottenham vinse il premio di giocatore dell'anno per i tifosi per ben tre volte (2003-2004, 2005-2006, 2007-2008), prima volta nella storia del club. Al Tottenham lo chiamavano Keano e a lui i tifosi hanno tributato il coro There's Only One Keano e la canzone And number 1 is Robbie Keane. Per uno scherzo del destino, che sa sempre come mettere in tavola le carte, oggi Keane, il calciatore irlandese più prolifico di sempre, è manager del Middlesbrough.

Suo figlio Hudson ha già dimostrato di avere una qualità che è preziosa e rara: ci sono momenti nella vita, vale per gli adulti e per i bambini, in cui per mettere in pratica i propri desideri tocca spezzare la composta abitudine del cerimoniale e decidere di fare qualcosa che non andrebbe fatto per essere quello che si è e per provare a diventare ciò che si vuole diventare. Sono le persone che non si fermano al "si deve fare così" ma vedono sempre una strada là dove gli altri non hanno il coraggio di vederla. E c'è da scommetterci che gli arbitri, così fissi nel suo ruolo di sacerdoti del momento, abbiano invidiato la libertà di Hudson. Eccome.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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