Ancona, catetere inserito male: risarcimento 500mila euro alla paziente ed ai suoi familiari
"Un grave errore medico durante il posizionamento di un catetere venoso centrale" ha portato il Tribunale civile di Ancona a riconoscere le responsabilità di due strutture sanitarie (Urbino e Torrette) per i danni sofferti da una paziente, una sessantenne della provincia di Pesaro, e dai suoi familiari. A tutti loro è stato corrisposto un risarcimento di quasi 500mila euro totali.
A raccontare l'episodio è stato l'avvocato che ha seguito la vicenda, Gabriele Chiarini, al Resto del Carlino:
L’impianto di un catetere venoso centrale (Cvc) – spiega il legale – rappresenta, nei diversi contesti clinici in cui può emergerne la necessità, una procedura apparentemente banale, ma nondimeno critica e rischiosa, perché il suo fallimento può portare a ripercussioni gravi e durature. Il caso di Adalgisa (nome modificato per ragioni di privacy) ne è un esempio paradigmatico: l’errato posizionamento del Cvc ha trasformato una routine ospedaliera in una cascata di eventi avversi. Ne è conseguito un dramma personale e familiare, che abbiamo fatto valere in un giudizio civile culminato nel risarcimento di circa 500.000 euro riconosciuto dal Tribunale alla paziente e ai cari".
L'odissea sanitaria della paziente è cominciata tre anni fa, quando la donna (all'epoca 60enne) era ancora del tutto autonoma e vitale.
A seguito del riscontro di sangue occulto nelle feci, si sottopose alla colonscopia – racconta il legale -. La biopsia eseguita in tale occasione rivelò la presenza di un tumore al colon. Ulteriori esami diagnostici, tra cui una Tac, confermarono la necessità di un intervento chirurgico per rimuovere la parte affetta del colon".
La donna è stata quindi preparata per l’intervento di emicolectomia durante il quale si è reso necessario il posizionamento di catetere.
Purtroppo, però, al momento del posizionamento da parte del medico anestesista, il catetere, anziché in vena giugulare interna destra, quale era l’intenzione dell’operatore, fu introdotto nell’arteria succlavia, in corrispondenza dell’origine dell’arteria vertebrale destra e fatto scorrere lungo la brachiocefalica, fino a sporgere nell’arco aortico, con conseguenze devastanti per la paziente".
Il catetere sarebbe rimasto in quella posizione per quasi una settimana prima di essere rimosso dai sanitari del nosocomio di Ancona. Un ritardo che per il giudice ha portato a gravi complicanze. La paziente ha infatti subìto un attacco ischemico transitorio, che non è stato adeguatamente monitorato ed è così evoluto in un ictus ischemico. Un attacco che le ha lasciato un'importante invalidità permanente (quantificata in misura pari al 65-70%).
Da qui la decisione del tribunale di corrispondere un rimborso complessivo di quasi 500.000 euro, sia per la paziente, sia per i suoi familiari
Questo caso rappresenta un esempio doloroso di come un errore medico possa stravolgere non solo la vita di un paziente, ma anche quella dei suoi familiari" conclude Chiarini. "Il risarcimento ottenuto è un atto di giustizia, ma non può restituire ciò che è stato perso. È indispensabile che il sistema sanitario adotti un approccio più costruttivo, riconoscendo tempestivamente gli errori, soprattutto quando sono così evidenti, e garantendo ai pazienti danneggiati una compensazione adeguata senza costringerli all'agonia di lunghe battaglie legali. Solo così si potrà parlare di una sanità davvero responsabile".