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Opinioni

Anche a Elton John bisogna ricordare che “l’utero è mio e lo gestisco io”

Nella polemica tra Dolce & Gabbana e il cantante britannico Elton John il grande assente è stato il corpo delle donne e una nuova alienazione: quella del processo riproduttivo. Una polemica che non ha veramente nulla a che vedere con i diritti della coppie gay (uomini) ma che deve riguardare solo i diritti delle donne. Ancora una volta: “l’utero è mio e lo gestisco io”.
A cura di Sabina Ambrogi
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Al dibattito sui “bimbi sintetici” sollevato dai due stilisti Dolce& Gabbana in un'intervista sul settimanale Panorama ha fatto eco un infuriato Elton John papà di due bambini avuti grazie alla maternità surrogata, insieme al marito: “Non compro mai più capi Dolce e Gabbana” ha detto.

A sostegno degli stilisti che sostengono la famiglia tradizionale (anche se spesso suggeriscono depravazioni in massa nella loro pubblicità) sono intervenuti i più reazionari, dalla politica ai commentatori dei social, contrari a tutte le libertà degli individui: anti abortisti, anti matrimonio gay, anti adozioni gay, anti educazione sessuale nelle scuole, anti parità, e questo anche se spesso si autodefiniscono “liberali e libertari”; una condizione che in genere riguarda solo se stessi e non è mai un'aspirazione per tutti. A sostegno invece della posizione indignata del cantante britannico è intervenuta la rimanente società civile che si schiera a favore dei diritti e delle libertà degli individui. Suggello nazionale delle polemiche è stata la successiva rivelazione di Nichi Vendola che sposerà il suo compagno Ed e – dice – “di pensare alla paternità”.

Il punto francamente incredibile però è stato la rimozione dal dibattito di un dato centrale: l'utero e la capacità riproduttiva restano prerogativa delle donne. Cioè la questione è la stessa, con le dovute proporzioni, che ha generato lo slogan ai tempi dell'affermazione della legge sull'aborto: “l'utero è mio e lo gestisco io”. Perché questa ennesima intrusione sul corpo delle donne dunque, e perché ancora una volta relegarle allo stato di “ fattrici”? Una linea particolarmente di moda in questi tempi: basti pensare al “piano fertilità” che vagheggia la ministra della salute Lorenzin e che non prevede mettere le donne in condizioni di fare figli (quindi migliorare il welfare: sarebbe un problema del ministero del lavoro semmai) ma prevede di convincerle (magari facendole sentire in colpa) a figliare, a prescindere dalle loro condizioni, “ per il bene del paese” effettivamente con un deficit di nascite pauroso. Che le donne procreino, dunque. La loro felicità, la loro salute, la libertà, e le loro condizioni sono solo dettaglio irrilevante. Che abbiano difficoltà ad abortire, perché altri hanno deciso per loro. E ora, con la voga della maternità surrogata, producano anche figli per ricchi gay con velleità di paternità, perché sarebbe pure un loro diritto essere padri.

E' quindi un grave errore inquadrare la questione della paternità dei gay, dei single e delle coppie sterili nell'area di dibattito sulla genitorialità, sulla genitorialità di una coppia gay, se abbiano o meno diritto al matrimonio, o ancora i limiti della legge 40, la maternità surrogata riguarda esclusivamente il corpo delle donne, i loro diritti, e la necessità di regolamentare al più presto quella che è a tutti gli effetti un'alienazione, appunto una vendita, della proprie facoltà riproduttive. Di più. Questa pratica andrebbe invece trattata e letta esattamente come la prostituzione che riguarderebbe la prima parte dell'apparato riproduttivo, la vagina, mentre la maternità surrogata riguarda la seconda, l'utero.

La questione andrebbe affrontata allo stesso modo in cui ci si chiede dove finisca la libertà di prostituirsi e dove inizi invece la sopraffazione e lo sfruttamento del corpo delle donne. Del resto non mancano scuole di pensiero femminista ferocemente contrarie a qualsiasi tipo di prostituzione. E spesso, nel parlare di libertà di prostituirsi, la differenza la fa proprio la condizione economica della donna, in stato di povertà e disagio. Allo stesso modo, generalmente, chi ricorre alla maternità surrogata è proprio chi ha condizioni finanziarie ottime e può sfruttare lo stato di necessità di una donna. Siamo sicuri che stiamo parlando di diritti da affermare e non invece di un nuovo modello e opportunità di sfruttamento delle donne in difficoltà?

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Autrice televisiva, saggista, traduttrice. In Italia, oltre a Fanpage.it, collabora con Espresso.it. e Micromega.it. In Francia, per il portale francese Rue89.com e TV5 Monde. Esperta di media, comunicazione politica e rappresentazione di genere all'interno dei media, è stata consigliera di comunicazione di Emma Bonino quando era ministra delle politiche comunitarie. In particolare, per Red Tv ha ideato, scritto e condotto “Women in Red” 13 puntate sulle donne nei media. Per Donzelli editore ha pubblicato il saggio “Mamma” e per Rizzoli ha curato le voci della canzone napoletana per Il Grande Dizionario della canzone italiana. E' una delle autrici del programma tv "Splendor suoni e visioni" su Iris- Mediaset.
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