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“Amo la vita perciò la voglio abbandonare”. L’addio di Davide, in Svizzera per suicidio assistito

Davide Macciocco, 40enne di Termoli tetraplegico dal 2003, si è recato in Svizzera per il suicidio assistito. “La vita è un diritto e non un obbligo. Ciò che conta è vivere con dignità, con decoro e senza paura”.
A cura di Davide Falcioni
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"Per ironia della sorte il mio ultimo viaggio mi porta a morire lì dove sono nato, Zurigo 16 luglio 1983, 15 settembre 2023". Inizia così un lungo post pubblicato su Facebook da Davide Macciocco, 40enne di Termoli, che grazie all'aiuto dell'associazione Dignitas si è recato in Svizzera per il suicidio assistito.

L'uomo, tetraplegico da 20 anni in seguito a un tuffo dal trabucco della cittadina molisana che gli danneggiò irrimediabilmente la spina dorsale, ha comunicato la sua scelta e le ragioni che l’hanno spinto al suicidio medicalmente assistito in un lungo post sui social che rappresenta anche una sorta di testamento morale.  "Non piangete perché vi ho lasciati, sorridete poiché mi avete conosciuto e vissuto. Sto per affrontare il mio ultimo viaggio. Forse dopo la tua morte sarai ciò che eri prima della tua nascita. Forse solo assenza di esistenza, o forse un’altra grande avventura – scrive Davide Macciocco – Vado via in totale serenità e sognando. Ciao, ciao".

L'incidente il 5 luglio del 2003

Era il 5 luglio di 20 anni fa quando la vita di Davide Macciocco è cambiata definitivamente; dopo una serata in discoteca con la fidanzata e gli amici, decise di fare un bagno all’alba al molo vecchio di Termoli con un tuffo dal trabocco. "Mi tuffai di testa da un’altezza di circa sei metri. L’acqua quella mattina era alta più o meno un metro e mezzo. L’ultimo ricordo che ho di quel giorno è che dissi a Marianna che non mi sentivo più le braccia e le gambe".

La diagnosi fu durissima: tetraplegia completa dovuta alla lesione midollare C4-C5, per la quale ha subìto lunghi periodi di ricovero. “Ho continuato a fare fisioterapia per 20 anni, mi resi conto che di punto in bianco ero paralizzato dal collo in giù, su una sedia a rotelle senza muovere né braccia né gambe e neanche un dito". Davide, nel frattempo diventato agente sportivo, spiega come i suoi datori di lavoro siano stati gli "unici che ho dovuto avvisare di questa decisione perché mi avevano inserito in un nuovo progetto, e questo dovrebbe farvi comprendere anche la mia totale serenità e lucidità". Il 40enne infatti rivela di non aver detto a nessuno della sua decisione e che sottoporsi al suicidio assistito a settembre "non è stato casuale perché Termoli comunque è una cittadina di 35mila abitanti e d’estate se ne sarebbe parlato. Quindi per non turbare nessuno, ho cercato di resistere quanto più potevo".

"Amo la vita, per questo la voglio abbandonare"

Davide spiega che "tutto il percorso con Dignitas è stato fatto totalmente in serena autonomia. Neanche i miei familiari sapevano esattamente quando stavo fissando la data". Il 40enne che oggi ha compiuto il suo ultimo viaggio nella città dove, ironia della sorte, è nato 40 anni fa, si è rivolto all’associazione svizzera per il suicidio assistito Dignitas, con sede a Zurigo, e a maggio 2022 ha presentato la richiesta di accompagnamento alla morte volontaria. "Non ricordatevi di me per questo gesto, ma bensì per come mi avete conosciuto. Generoso, semplice ma non troppo e sempre sorridente. Amo la vita ed ecco perché oggi la voglio abbandonare. Quella che attualmente ho vissuto poteva andare anche bene, ma in un futuro prossimo so che sarà intollerabile per me"..

"La vita è un diritto, non un obbligo"

"Penso che la vita sia vita quando si può vivere liberamente sia fisicamente che mentalmente. Dipendere totalmente dagli altri anche per un semplice gesto come fumarsi una sigaretta è difficile, non c’è libertà, nessuna autonomia nonostante che la mia famiglia abbia sempre assecondato ogni mio desiderio e capriccio. Stare giorni interi con continui dolori e continuare a dire ‘sì va tutto bene' è una maschera che non riesco più ad indossare"."La vita è un diritto e non un obbligo – si legge ancora nella lettera-testamento di Davide – Ciò che conta è vivere con dignità, con decoro e senza paura. Il mio futuro so per certo che non sarebbe vita ma sopravvivenza, fatta anche di solitudine e di dolori fisicamente intollerabili. I farmaci ovviamente ti aiutano ma con il passare degli anni i dolori comunque sono sempre più resistenti alla terapia. La vita è preziosa solo perché ha una fine. A mie spese ho imparato che la vita è per il 10% cosa ti accade e per il 90% come reagisci".

L’appello alle istituzioni

Davide Macciocco chiede che il suo gesto non venga mai giudicato. "I miei familiari hanno fatto tutto quello che era umanamente possibile per farmi restare più a lungo. Ma per loro non sarebbe stato mai il momento giusto. La vita è stata meravigliosa con me donandomi loro”. Nella sua lettera non manca un appello alle istituzioni italiane "affinché non venga preso nessun provvedimento giudiziario nei confronti di chi mi ha semplicemente accompagnato, o meglio dato un passaggio. Se c’è qualcuno da giudicare quelli sono i politici e il fatto che trovino difficile legiferare sulla morte volontaria assistita".

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