Amazon, sciopero durante il Black Friday: “Abbiamo le ossa rotte. Lavorare qui è disumano”
"La domenica vorremmo stare un po' a casa con i nostri cari. Ormai la nostra famiglia è Amazon, dal momento che siamo qui a lavorare sette giorni su sette". È questa una delle tante testimonianze raccolte dai microfoni di Fanpage.it nel giorno dello sciopero dei dipendenti Amazon del centro di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza. Una mobilitazione che ha coinvolto nel giorno del Black Friday, atteso da milioni di italiani per i suoi pazzi sconti, circa 500 degli 800 dipendenti dell'hub, compresi i cosiddetti "Green Badge", cioè i lavoratori stagionali. La decisione non è da poco, considerando che questo hub rappresenta il più grande centro logistico a livello nazionale dell'azienda di Jeff Bezos, e che è stata chiesta a gran voce da Cgil, Cisl, Uil e Ugl per ricevere un migliore trattamento economico e lo stop a condizioni di lavoro disumane.
"Ho tantissimi colleghi che hanno patologie all'apparato muscolo scheletrico con difficoltà a farsele riconoscere – sottolinea un'altra dipendente alle telecamere di Fanpage.it – e di conseguenza ad avere una mansione adeguata qui dentro. Non vogliamo creare un danno economico a Amazon ma vogliamo far capire all'Italia e al mondo che qui le cose non vanno bene". Il danno che causa all'azienda di e-commerce lo sciopero nel giorno del Black Friday, infatti, non è di poco conto. Basti pensare che soltanto lo scorso anno la multinazionale a stelle e strisce ha ricevuto 1,1 milioni di ordini, il più alto numero mai registrato, e le previsioni per il 2017 lasciavano intendere che ci sarebbe stata una replica di questi numeri esorbitanti.
Ma le condizioni di lavoro sono, a detta dei dipendenti, troppo disumane e bisogna intervenire il prima possibile. "Il lavoro è sempre ripetitivo, molti dei miei colleghi hanno problemi ai polsi, alle spalle e alle gambe", racconta una donna, mentre una giovane rincara la dose affermando: "Io devo lavorare per poter vivere, non vivere per lavorare. Devo poter andare a casa e non restare sul divano perché mi fa male la schiena". D'altronde, già i sindacati erano stati chiari: "I ritmi lavorativi non conoscono discontinuità, le produttività richieste sono altissime e il sacrificio richiesto non trova incremento retributivo oltre i minimi contrattuali".